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Kbirr, la birra artigianale di Napoli che piace anche all’estero

Birrificio artigianale Kbirr, l'intuizione tutta partenopea di Fabio Ditto

Kbirr, la birra artigianale di Napoli che piace anche all’estero

Partiamo col dire che il birrificio artigianale Kbirr è dotato di un impianto di alta tecnologia, per garantire precisione nella qualità, con una capacità produttiva ritenuta la più grande d’Italia: 6.500 litri per ciclo.

Proprio la qualità dei prodotti Kbirr ha smosso un’onda d’urto di forte impatto, unitamente ai contenuti di storie e immagini artistiche che raccontano la vivacità della cultura napoletana.

Tra sacro e profano, con quella leggerezza tutta partenopea che mette solarità e pensiero positivo anche sulle cose più cupe, per esorcizzare quella "mala ciorta” (cattiva sorte), quei momenti difficili che ci si vuole buttare alle spalle per affrontare al meglio sia la quotidianità che la visione del tempo che sarà.

Ecco comparire allora sulle etichette San Gennaro con la sua ampolla in attesa del miracolo, oppure il corno bene auspicante, frequente abitatore di borse, tasche, giacche, case, giusto per sentirsi più sicuri all’uopo – non è vero ma ci credo.

Questo spirito di positività, con il pallino di fare cultura pop, ha spinto Fabio Ditto ad immaginare una sua prima birra artigianale, essendo distributore di prodotti per la ristorazione e avendo intuito che Napoli volesse ormai la sua craft beer.

Ci ha pensato il mastro birraio Achille Certezza a studiare la giusta ricetta per una prima uscita, diciamo, di prova. Appena assaggiata, una volta pronta, Fabio ha esclamato “Uaa che birr!”, accidenti che birra è la traduzione dalla lingua napoletana, da qui il marchio Kbirr.

Kbirr, la birra artigianale di Napoli che piace anche all’estero
il mastro birraio Achille Certezza

Il successo seguito è andato molto oltre le aspettative, che tutto sommato volevano sondare un po’ la reazione del pubblico, divertendosi a stuzzicarlo.

Nasce nel 2016 questa realtà in continua evoluzione, con sei tipologie artigianali e non filtrate: Lager, Red Strong Ale, Scotch ale, Imperial Stout, American Pale Ale (APA), Golden Ale.

Natavota è l’etichetta lager,

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con l’immagine emblematica del miracolo di San Gennaro, della linea Premium che ha avuto un felice riscontro nell’alta ristorazione nel formato da 75 cl.

Jattura è una scotch ale,

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con il corno in etichetta per scongiurare la mala ciorta. Linea Premium da 75 cl.

Paliata è una imperial stout,

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decisa e forte rappresentata dai tratti di un mastino napoletano, antica razza di origine babilonese, linea premium 75 cl.

Di recente Fabio ha pensato anche all’ospitalità, proprio nell’antico centro storico di Napoli troviamo il B&B Casa Kbirr al Parco Margherita.

Kbirr, la birra artigianale di Napoli che piace anche all’estero
Stanza del B&B

Non poteva mancare il buon cibo in questo progetto così articolato, a Torre del Greco è un grande successo Casa Kbirr la trattoria con una cucina che vuole raccontare la ricchissima tradizione partenopea: pasta di Gragnano al ragù, le candele spezzate alla genovese, fino al soffritto che annuncia l’arrivo dell’inverno.

Qui ancor di più è ricchissima la presenza di opere artistiche che diffondono con entusiasmo di forme gioiose l’essenza della napoletanità: dall’artista Roxy in the box famosa per lo stile pop della sua street art, ai quadri dell’amico Nicola Masuottolo con i suoi “Futtetenne”, moderne rappresentazioni di San Gennaro, poi le opere di Alessandro Flaminio de “Le Voci di Dentro” in cui la figura di San Gennaro è onnipresente, a dare luce al tutto sono le lampade realizzate con materiali poveri dalla cooperativa Iron Angels costituita dai ragazzi del Rione Sanità formatisi sotto la guida artistica del maestro Riccardo Dalisi.

Kbirr, la birra artigianale di Napoli che piace anche all’estero

E ancora le sculture in legno ispirate alle etichette di Kbirr realizzate dall’artista napoletano Eddy Ferro sulla base dei disegni di Maura Messina; Luigi Masecchia firma le opere tridimensionali seguendo il concetto di up-cycling ovvero il riutilizzo di materiali, in questo caso dei tappi di metallo come metodo artistico e suo codice espressivo: i tappi sono lavorati da giovani diversamente abili e che vivono in situazioni di disagio con la supervisione di associazioni e dello stesso Masecchia.

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