La Ristorazione ai tempi del Coronavirus vista dai clienti, da Nord a Sud.
Come il mondo del food sta vivendo la sua quarantena: il punto di vista da nord a sud e oltre.
In questo periodo in cui una delle maggiori preoccupazioni è l’eventuale condivisione che sia di un saluto, di una stanza o di una conoscenza, a pagarne lo scotto sono le attività che da sempre hanno fatto sì che la condivisione fosse proprio il centro delle loro idee.
Parlo di ristoranti, bar, attività commerciali, caffetterie, burgerie e chi più ne ha più ne metta.
Certo, la prevenzione e il rispetto delle norme igieniche sono alla base di tutto ma l’epidemia di cui forse poco ci stiamo preoccupando non riguarda la sanità bensì il giro di informazioni-genera-panico di cui ci stiamo quotidianamente nutrendo. Non parlo solo di fake news ma anche della sovrabbondanza di informazioni che vengono messe in circolo e che rende difficile alle persone trovare fonti attendibili e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno, fenomeno battezzato infodemia.
È ovvio che allo stato attuale c’è bisogno di collaborazione da parte di tutti e di misure precauzionali attente ma quello a cui stiamo assistendo è un atteggiamento ai limiti della psicosi perché con la chiusura –su territorio statale- delle scuole e delle università e con l’ordinanza della regione Campania riguardante la chiusura dei luoghi di aggregazione che non consentano disposizioni per posti a sedere al fine delle dovute distanze, sembra il minimo che di riflesso si abbia un calo drastico riscontrato dalle attività sopra menzionate.
Abbiamo chiesto a chi quotidianamente vive i ristoranti e abbiamo provato a farci un’idea della situazione in Italia… e non solo.
Cristian Gadau ci ha subito fatto un quadro generale, rispetto alle sue impressioni e le sue esperienze date soprattutto in relazione all’organizzazione di The Best Chef: “Non sono in Italia ma parlo con tanti cuochi e collaboratori. Al Nord la situazione è drammatica. Diverse nuove strutture in progetto pronte a nuova apertura hanno annullato anche i contratti di lavoro ai ragazzi. Ristoranti vuoti. All'estero, in Asia, la situazione è molto simile: i ristoranti a Bangkok, soprattutto i grandi nomi, sono in grande difficoltà. Personalmente per noi che organizziamo un evento culinario internazionale la situazione è pazzesca.”
A confermarci lo stato attuale del nord Italia è Fiorello Bianchi, dalla Lombardia, che ci dice che lì la situazione è drammatica e che in prima persona si è ritrovato a dover cancellare tutte le prenotazioni nelle zone di Bergamo, Brescia e Crema; mentre su Milano di sera non c’è in giro davvero nessuno.
In ferie forzate anche Caffè storici come il Tommaseo di Trieste, chiuso dal 6 al 13 Marzo "a quel punto, valuteremo la situazione - anticipa Claudio Tombacco che con la sua famiglia gestisce il caffè più antico di Trieste, aperto nel 1830 - e decideremo se tenere chiuso un’altra settimana o riaprire".
Un impatto fortissimo è stato quello sui pubblici esercizi in Liguria, arrivano i dati di Confesercenti "si registra un calo del fatturato nell'ordine di 13 milioni di euro in dieci giorni". E' l'allarme lanciato da Fiepet, l'associazione che riunisce i pubblici esercizi di Confesercenti, che ha stimato l'impatto subito fino ad ora dal bar, ristoranti e pubblici esercizi.
Attraversando tutto lo stivale fino al tacco, abbiamo sentito Massimo Penna che ci ha detto che in Puglia non c’è molta tensione. A Foggia si sente meno questa preoccupazione mentre in provincia c’è un po’ di nervosismo; ad ogni modo i ristoranti funzionano e non si è percepito un calo però si è prudenti, si resta in zona. Intanto per lui restano confermate le prenotazioni vicino Taranto ed a Matera.
“A Napoli c'è meno viavai. Le persone più ragionevoli continuano a vivere evitando ovviamente di trasgredire alle indicazioni ministeriali.” Queste le impressioni generali sul capoluogo partenopeo di Maggie Foglia che poi aggiunge: “Io personalmente sono mamma di 2 bambini e non me la passo bene con le scuole chiuse, ma comprendo la necessità di evitare una difficoltà oggettiva che si verrebbe a creare a livello sanitario qualora vi fosse un'eccedenza di casi clinici da terapia intensiva che il comparto sanitario cittadino non sarebbe in grado di affrontare.”
Antonio Lucifero: "La scorsa settimana di domenica a pranzo ero in giro per il lungomare di Napoli e la scena era surreale. Sono 36 anni che vivo in questa città e non è mai successo di trovarla così vuota, maltempo incluso. Così decisi di andare a mangiare da Ciro al Borgo Marinari, un locale storico che posizionato di fronte alle grandi catene alberghiere in un contesto unico è affollato tutto l'anno da turisti provenienti da ogni parte del mondo, risultato? Stesso scenario. Nelle circa 2 ore che è durato il mio pasto si saranno seduti, si e no, 10 commensali e per un ristorante che in genere ne fa almeno 100 (più altri 100 fuori ad aspettare) non si può definire di certo una situazione normale. Scambiando quattro chiacchiere con il proprietario, preoccupato dall'insolita scena del ristorante vuoto, mi ha riferito che da qualche anno questo ristorante (che all'epoca faceva parte dei grandi ristoranti napoletani) oggi vive al 90% di turismo e nonostante Napoli la scorsa domenica non era ( e non lo è ancora oggi) in una zona a rischio contagio, le strutture alberghiere hanno ricevuto disdette su disdette e questo era il risultato."
Mentre Davide Ricciardiello ci fa sapere che dal punto di vista dei ristoranti a Napoli la situazione è problematica. “Giovedì sera ero solo in ristorante. Venerdì sera c’erano tre tavoli di clienti fissi in un altro ristorante. In generale c’è un calo veramente drammatico e non oso immaginare che accadrà in estate nelle isole e in costiera coi turisti che stanno facendo disdette continue...”
Ed a proposito di isole: “La Sardegna è spaventata, ma non c’è panico. Si esce meno e i ristoranti aperti soffrono un po’. Gli eventi pubblici sono stati cancellati. Le mie lezioni a Sassari sulla cucina sarda, in lingua sarda, anch’esse cancellate fino al 15 marzo. Sabato sera a Sassari il ristorante Fratellitola di Fabio Nurra aveva una cena a quattro mani con Elisa Mulargia, e nonostante le adesioni, è stata annullata.” – questa la testimonianza di Giovanni Fancello da Alghero. Aggiunge poi una piccola chicca sul modo in cui è stato salutato che la dice lunga: “La paura sono i casi di infezione non ancora comunicati. Nell’isola sono ancora pochi, ma prevale la precauzione e guai a esprimere situazioni felici. Ieri dal medico ad Alghero, fila tranquilla, a distanza, e un’amica mi ha salutato toccandomi le scarpe con le sue.”
A Roma invece Ztl Centro più leggera che potrebbe aiutare ad «evitare che la crisi del commercio, della ristorazione e del turismo, già grave, diventi irrecuperabile», sottolinea David Sermoneta, presidente Confcommercio Centro di Roma. Si calcolano 3,5 milioni di mancati incassi al giorno solo per i pubblici esercizi (meno 70 per cento), la zona che su tutte vive di turismo. Mentre Sonia Zhou, la titolare del ristorante cinese più famoso della capitale (Hang Zhou), ha annunciato su Facebook la chiusura temporanea del suo locale "Con grande rammarico sono costretta a chiudere il ristorante fino al 30 di aprile perché la psicosi portata dal coronavirus sta colpendo tutti. " Sonia ha poi aggiunto che ringrazia di cuore tutte le persone che le hanno mostrato affetto in questo particolare periodo.
Infine abbiamo raccolto il punto di vista di Marco Bonsai che si trova in Spagna adesso ma vive in USA: “Qui le notizie sono intense ma ancora quasi nessun effetto sulla vita quotidiana. Il vero problema sono gli States, dove io vivo, che stanno massacrando l’Italia a livello mediatico. Qualcosa mi fa pensare che non verranno per un bel po' nel Belpaese! Invece dal punto di vita gastronomico l’unica riflessione che si può fare è che la gente tornerà a cucinare di più a casa o che Uber Eats e affini faranno miliardi.”
E in effetti i locali, le attività che hanno già disponibile questo tipo di servizio -che sia consegna a domicilio effettuata da essi stessi o che si affidino a società di competenza- dichiarano già un aumento della richiesta del servizio; mentre decine di attività che non disponevano di tale servizio si sono e si stanno attrezzando.
Insomma le circostanze, come si può ben capire, non sono affatto gradevoli e soprattutto non lasciano la possibilità di farsi spalla e almeno spartirsi il malumore, quindi non resta altro che affidarci al nostro senso civico e alle nostre responsabilità sociali, rimboccarsi le maniche -e chiaramente lavarsi le mani- e lavorare per restare uniti (ma a debita distanza!) affinchè questo periodo negativo possa passare più facilmente per tutti.
Sperando che al più presto si possa tornare alla pizza con le mani e alla scarpetta in pubblico, io continuo a sperare nel contagio della collaborazione, della coscienza civile e della sana informazione che è il primo step della prevenzione.