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Letterina di Natale alla Ristorazione. Tutto ciò che si sa ma che facciamo finta non esista…come Babbo Natale!

Ristorazione post Covid, Great Resignation, mancanza di personale, cose di cui non si parla.

Letterina di Natale alla Ristorazione. Tutto ciò che si sa ma che facciamo finta non esista…come Babbo Natale!

Stiamo per metterci alle spalle il 2021, un anno davvero complesso sotto molti punti di vista. Abbiamo dovuto fare i conti con una pandemia che ha cambiato il nostro modo di vivere, di approcciarci al lavoro, di relazionarci con il prossimo e di dare priorità ad alcuni aspetti che riguardano ognuno di noi.

Innanzitutto questa pandemia ha sicuramente impattato sul mondo del lavoro andando a modificare molte dinamiche ad esso collegate - basti pensare allo smart working, ma oltre a modificare alcune dinamiche lavorative si è verificato un cambiamento anche su quelle relazionali, creando delle vere e proprie emergenze in molti settori.

Nel mondo del lavoro, durante la pandemia e nel suo post, si è assistito ad un fenomeno che negli USA chiamano “Big Quit” o anche “Great Resignation” intesa come la grande dimissione. Infatti, nei mesi estivi di questo 2021 si è manifestata una vera emergenza in molti ambiti lavorativi che ha visto come focus del problema soprattutto il mondo della ristorazione e dell’ospitalità. Ad oggi il problema è ancora presente perché vi è una vera e propria emergenza legata al personale.

Ma quali sono le cause di questa crisi?

Secondo molti ristoratori la colpa è delle persone, soprattutto i giovani, che non vogliono più fare il lavoro del cuoco. Spesso si è sentito dire, o si è letto, di mancanza di abnegazione, di mancanza di voglia di sacrificio, di mancanza di passione. Alcuni hanno anche affermato che la colpa fosse del reddito di cittadinanza che con la sua sicurezza economica avrebbe tenuto a casa malte persone, forti dell’entrata economica sicura senza dover alzare un dito. Sicuramente alcuni avranno usufruito di tale vantaggio, ma vogliamo mettere alcuni puntini sulle i…credo sia doveroso.

Allora, cerchiamo di rispondere alla domanda, ma dove sono finiti tutti i lavoratori della ristorazione?

Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo fare delle premesse. La ristorazione è un mondo complesso che si regge, molto spesso, in piedi su un filo sottilissimo fatto di stagisti non pagati, contratti con paghe non regolari perché spesso non tutto viene dato in busta, contratti a chiamata che sono in realtà dei full time e potrei continuare con le ore di lavoro, il turnover che spesso non c’è, il fatto che si lavori 7 su 7, c’è bisogno di continuare?

Perché di questo non se ne parla mai, nemmeno gli chef che si sono eletti portavoce della mancanza di personale ? Perché non difendono e lottano per i propri diritti e dei propri lavoratori? Perché sono più attenti alla sostenibilità degli ingredienti che delle persone con cui lavorano e collaborano?

Ma riprendiamo il filo del discorso, allora, molti addetti del settore della ristorazione e cuochi nello specifico sono andati a lavorare in luoghi “più sani”, molti sono andati a lavorare in macellerie, mattatoi, pescherie e mercati ittici. Alcuni hanno deciso di cambiare del tutto ambito cercando lavoro come magazzinieri, e tenetevi ben saldi alla sedia, da Amazon.

Come si spiega questo cambio di lavoro? Si spiega in diversi modi, uno è sicuramente l’aver compreso, durante i vari lockdown, che passare del tempo con la propria famiglia o anche con sé stessi non è così male.

Un altro punto che ha fatto cambiare lavoro a molti operatori del settore è stato lo stipendio e le ore di lavoro, perché lavorare 16 ore al giorno, che di per sé non è legale, e venire pagati per 6-8 ore e per le restanti con dei “fuori busta” non vale più se non si possono fare mutui o avere sicurezze per un futuro pensionistico.

Per alcuni non è stata una rinuncia facile perché per chi ama la cucina ritrovarsi a fare il magazziniere sicuramente non è la stessa cosa, eppure la pandemia ha fatto comprendere come alcune cose non abbiano prezzo o che alcune scelte hanno come contropartita dei cambi di vita anche drastici.

Quindi tutti i vari chef e imprenditori che si riempiono la bocca con la scusa del reddito di cittadinanza hanno offerto alle persone contratti in regola? Hanno garantito almeno due giorni di riposo? Hanno garantito le 8 ore giornaliere pagate?

Vi racconto due, ma potrebbero essere molti di più, esempi di offerte di lavoro che alcuni colleghi/e hanno ricevuto durante queste ultime settimane.

Un noto Pub di una città cercava personale, in cucina sono due e cercavano un terzo per completare la squadra, vi riporto quanto detto a chi si è presentato al colloquio: "Siamo una squadra in cui ci si diverte, ci si divide il lavoro, compreso lavare i piatti, perché così ottimizziamo i costi. Dobbiamo collaborare perché se ci aiutiamo allora riusciamo a fare un buon lavoro. Si lavora dalle 18:00 alle 4:00-5:00 di mattino ed il compenso è di 50 euro a servizio, per il contratto poi vediamo…”

Ovviamente non tutti sono cosi, ma posso affermare che la maggior parte ragiona in quest’ottica perché - come abbiamo detto - nella ristorazione la coperta è piccola e da qualche parte bisogna rimanere scoperti.

Vi presento anche il caso di un’altra mia conoscenza che era stata presa come commis di cucina in un ristorante abbastanza conosciuto, ha lavorato lì un po' in attesa di un fantomatico contratto (le hanno anche chiesto subito i documenti perché ci tenevano che prima di iniziare fosse assunta regolarmente), avrebbe dovuto assistere un capopartita e invece è stata poi buttata a fare tutto. Mi ha raccontato di scarsa igiene, di etichette non messe, di cose lasciate a terra dopo essere state tirate fuori dal forno, disorganizzazione, vessazioni di ogni tipo verso ogni lavoratore. Alla fine è andata via perché del contratto neanche l’ombra ed è stata pagata anche meno di quanto le spettasse (meno di quanto percepivano i camerieri a servizio…ovviamente in nero).

A tal proposito vorrei raccontarvi un terzo episodio, quello di L. un ragazzo che ho avuto modo di conoscere durante una consulenza. Di quei ragazzi con “il fuoco dentro” con l’abnegazione che tanto osannano gli chef in tv.

Beh sapete dov’è adesso questo ragazzo? Da Amazon. L’ho incontrato una sera e ci siamo fermati a parlare, mi ha detto che si trova bene lì, che ha i turni con le ore, i ritmi sono alti ma non come la cucina (i suoi colleghi non capiscono come possa “tenere botta” senza accusare il colpo), ha due giorni di riposo, 13esima e 14esima ed un piano ferie. Quindi è in un posto di lavoro migliore della cucina, ma sapete cosa mi ha detto? Che la cucina gli manca e che vorrebbe tornarci ma non con i ritmi e la vita che faceva prima…traete voi le vostre conclusioni.

Potrei continuare ancora ma credo che basti così per introdurre un argomento a cui vorrei dedicare un po' più di spazio ovvero la fantastica tematica di cui tutti si riempiono la bocca, guide comprese,

LA SOSTENIBILITA’.

sostenìbile agg. [der. di sostenere]. – 1. a. Che si può sostenere: una tesi difficilmente sostenibile. b. Che può essere affrontato: una spesa s.; questa situazione non è più sostenibile. 2. estens. Compatibile con le esigenze di salvaguardia delle risorse ambientali: energia s.; sviluppo s., locuzione con la quale si indica una strategia di sviluppo tecnologico e industriale che tenga conto, nello sfruttamento delle risorse e nelle tecniche di produzione, delle condizioni e delle compatibilità ambientali. (Vocabolario Treccani)

/so· ste· ni· bi· li· tà/

sostantivo femminile

…Altre definizioni di s. sono state proposte, per es., in ambito sociologico: S. Veiderman parla di s. come di una visione del futuro che indica all'umanità una strada da seguire e permette di focalizzare l'attenzione su un set guida di valori e principi etici. Tale definizione risulta sicuramente più difficile da applicare in una visione tecnico-scientifica. (Enciclopedia Treccani)

Ovviamente già leggendo queste due definizioni si possono comprendere alcuni aspetti intrinsechi nell’uso e abuso di questa parola, che ha trovato terreno fertile quasi più del termine resilienza.

La sostenibilità è un concetto complesso che può essere analizzato da diverse angolature e nella ristorazione negli ultimi anni, vuoi anche grazie alla sensibilizzazione legata al cambiamento climatico, sta ricoprendo un ruolo fondamentale…molto spesso più per marketing che per altro.

Se leggiamo bene le varie definizioni solitamente si parla di sfruttamento delle risorse. Tale termine per me ha di base una valenza negativa perché sfruttare ha come sinonimi spremere, prosciugare, svuotare, ottenere il massimo ecc…e dà l’idea di qualcosa di poco rispettoso.

Pensiamo alle frasi che spesso si sentono a lavoro: ”Devo sfruttare al massimo le tue capacità” non vi dà l’idea di qualcosa di eccessivo? Non sarebbe meglio dire: "Vorrei utilizzare le tue capacità nel miglior modo possibile”.

A livello comunicativo e psicologico il messaggio inviato è completamente diverso.

Ma secondo voi il mondo di oggi sia del lavoro che della produzione, sia essa alimentare e non, ha tutta questa cura ed attenzione? A mio avviso no.

Sento grandi chef riempirsi la bocca di rispetto per la natura, attenzione al prodotto, lotta allo spreco e poi magari hanno lavoratori in nero che non hanno giorni di riposo e fanno turni estenuanti, questo vi sembra sostenibile?

Che senso ha dare un premio sulla sostenibilità solo in virtù della gestione degli sprechi, della spazzatura e sua relativa differenziazione? Sapete quanta plastica c’è all’interno di un ristorante? Tantissima, anche solo per conservare la merce attraverso buste sottovuoto ecc…e sappiate che ci sono azienda che fanno buste biodegradabili ma “costano troppo” e allora a voi clienti quanto dovrebbero farvelo pagare un piatto? E se si dovesse tenere tutti in regola quanto di quanto dovrebbero alzare i prezzi?

Quando entrare in un ristorante ponetevele certe domande e non scandalizzatevi solo quando leggete che un cuoco ha mollato, che qualcuno è morto mangiando del cibo conservato o lavorato male, che spesso in cucina vengono fatte violenze sui dipendenti. Piuttosto cercate di chiedervi: "io da cliente cosa posso fare? Come posso informarmi e aiutare a cambiare questo mondo?"

Per il 2022 riprenderemo the dark side of restaurants e parleremo non solo di ciò che non va ma anche di aziende sane che hanno fatto del benessere lavorativo un punto focale. Perché finché si vedranno i propri dipendenti come una “risorsa da sfruttare” e non come una risorsa fondamentale di crescita, la ristorazione andrà avanti solo a slogan e articoletti scritti per acchiappare qualche click, perché alla massa interessa più la recensione negativa fatta ad un ristorante o l’intervista allo chef star che spiega come fare “lo spaghetto sifonato”, che leggere una rubrica che apra e scuota un po' le coscienze.

Per concludere…

Cara Ristorazione,

ti scriviamo quello che noi vorremmo che Babbo Natale ti portasse nel nuovo anno.

Noi speriamo che con il nuovo anno le associazioni inizino a collaborare per migliorare la situazione sia degli imprenditori sia dei dipendenti e che non facciano solo attività di pubblicità e basta.

Vorremmo che la salute mentale dei dipendenti ed il loro benessere diventi un punto focale della sostenibilità di un ristorante.

Vorremo dei clienti più consapevoli che non siano solo interessati al prezzo più conveniente e alle loro desiderata ma si pongano in maniera critica verso questo mondo, capendo che anche loro a volte sono parte del problema.

Vorremo più consapevolezza legata alle discriminazioni e violenze in cucina, vorremmo che si affronti il problema seriamente e non solo scrivendo un articolo una tantum per fare notizia e prendere click.

Insomma vorremmo una ristorazione più buona...ma non solo nel piatto.

Noi nel frattempo continueremo a supportare gli addetti del settore e terremo alta l'attenzione sperando di farti cosa gradita.

Cara ristorazione, noi ti amiamo molto e come le persone amate vediamo anche i difetti che fanno male più a te che a noi, perché spesso per colpa di alcuni limiti e sovrastrutture si rischia di non poter migliorare e diventare il fiore all'occhiello di una nazione che ti reputa la sua gioia più grande.

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