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Nelle Regioni del Sud l’agricoltura è abbandonata a sé stessa? No, peggio. È ostacolata da quegli stessi che dovrebbero averne a cuore le sorti.

La Puglia si oppone al riconoscimento del pomodoro Napoli IGP

Nelle Regioni del Sud l’agricoltura è abbandonata a sé stessa? No, peggio. È ostacolata da quegli stessi che dovrebbero averne a cuore le sorti.

La notizia: Riconoscimento pomodoro Napoli Igp, Puglia si oppone

"Ho già avuto contatti con il ministero delle Politiche agricole, stiamo istruendo il fascicolo e a breve sarà pronto. Non arretreremo nemmeno di un millimetro": l'assessore alle Politiche agricole della Regione Puglia Donato Pentassuglia, interpellato dall'ANSA, annuncia che la Regione è pronta a opporsi alla richiesta di riconoscimento Igp del pomodoro pelato di Napoli, che il ministero ha già valutato positivamente con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 13 marzo.

"La levata di scudi sarà netta", prosegue Pentassuglia che evidenzia come nel Foggiano si "concentra il 90% della produzione nazionale del pomodoro lungo". Già nel 2017 la Campania provò a ottenere il riconoscimento ma la Puglia si oppose in difesa del pomodoro lungo foggiano. Ora, a seguito dell'istruttoria ministeriale, si è pervenuti ad una stesura finale del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta 'Pomodoro pelato di Napoli'.

La Puglia ha 60 giorni dalla registrazione per fare opposizione: "Non ci sono dubbi che lo faremo, il fascicolo è quasi istruito", ribadisce l'assessore Pentassuglia. La difesa del pomodoro pugliese che arriva dal Consiglio regionale è bipartisan. "La Puglia - affermano in una nota il presidente della IV Commissione consiliare, Francesco Paolicelli (Pd), e il consigliere regionale di 'Con Emiliano', Antonio Tutolo - non può assolutamente accettare un'onta simile. Sarebbe come se volessimo intestarci la paternità della pizza Margherita solo perché tra gli ingredienti si utilizza il nostro pomodoro".

Il gruppo dei consiglieri regionali della Lega in Puglia ha presentato una mozione e "impegna la Giunta ad attivarsi nelle forme di legge per proporre un'opposizione documentata al fine di impedire l'illegittimo utilizzo del marchio Igp, così come richiesto dal comitato promotore". 

Il Commento di Antonio Lucisano

Nelle Regioni del Sud l’agricoltura è abbandonata a sé stessa? No, peggio. È ostacolata da quegli stessi che dovrebbero averne a cuore le sorti: politici locali e organizzazioni professionali del settore agricolo.

Il 13 marzo scorso il Ministero delle Politiche Agricole ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale la richiesta di riconoscimento, avanzata dai conservieri campani, per ottenere la IGP “Pomodoro Pelato di Napoli”, in considerazione della secolare tradizione di questa attività di trasformazione, avviata 150 anni fa a Napoli da Francesco Cirio.

Una iniziativa che, consentendo a questo prodotto di essere tutelato e di distinguersi dalla concorrenza sui mercati internazionali, porterebbe di conseguenza grandi benefici non solo a chi trasforma e commercializza pomodoro, ma anche ai produttori agricoli che conferiscono questa materia prima alle industrie. La maggioranza di questi ultimi si trova però oggi nella grande pianura della Capitanata, dove i costi di produzione e soprattutto di raccolta sono molto più convenienti che in Campania. Ecco che allora, di fronte a questa approvazione ministeriale, si assiste alla consueta levata di scudi, con i consiglieri regionali pugliesi e la Coldiretti Puglia che partono al contrattacco per bloccare questo riconoscimento, dichiarando che “la Puglia non può subire un’onta simile” e guardandosi bene dal fornire (semplicemente perché non esistono) motivazioni concrete su quale sarebbe il danno che ne deriverebbe per gli agricoltori foggiani.

Qualche anno fa si era verificata, a parti invertite, una situazione analoga, con la Campania che si era opposta alla richiesta pugliese di riconoscimento della DOP “Mozzarella di Gioia del Colle”, per la quale la stessa Campania aveva chiesto che si utilizzasse un nome diverso (“Fiordilatte” o Treccia”, per esempio) in modo da evitare di creare ulteriore confusione sui mercati internazionali, visto che dal 1993 esisteva già la DOP “Mozzarella di Bufala Campana” e dal 2001 anche una STG “Mozzarella”.

In quel caso esistevano ragioni economiche e commerciali oggettive perché si correggesse il tiro e si modificasse la denominazione proposta, nell’interesse di tutti. Ma non se ne fece nulla e la nuova DOP andò in porto così come era stata proposta.

Oggi siamo di fronte ad una specie di patetico regolamento di conti, che, come accade quasi sempre al Sud, va contro gli interessi degli operatori ma si rivela molto utile a chi fa demagogia spicciola (nelle aule dei Consigli Regionali o nelle sedi dei sindacati di settore) per acquisire gratis visibilità e consensi.

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