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Non vediamo l'ora di assaggiare l'hamburger di larve di mosca

Larve di mosca, ottimo sostituto alla carne per l'alimentazione umana

Non vediamo l'ora di assaggiare l'hamburger di larve di mosca

Lo so, è una domanda che almeno una volta al giorno vi ponete e non vedete l'ora di poter trovare nel vostro piatto delle gustosissime e succose larve di mosca, a quanto pare presto sarete accontentati.

La Hermetia illucens

Meglio conosciuta come “mosca soldato nera”, ha destato l'interesse di scienziati per la qualità delle sue larve nello scomporre substrati organici, qualità che garantiscono alle sue carni una grande varietà di nutrienti.

Prodotte su scala industriale già da diverse società biotecnologiche, queste larve sono state oggetto di un nuovo studio da parte di uno scienziato dell’Università del Queensland, il professore Louw Hoffman.

Nel suo studio, pubblicato su Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety, il ricercatore ha potuto constatare che le larve contengono tutti i nutrienti di cui gli esseri umani hanno bisogno.

Non vediamo l'ora di assaggiare l'hamburger di larve di mosca

Hermetia illucens

Da qui l'idea di coinvolgere le aziende alimentari per trovare un modo per renderle gradevoli all'uomo: “Il fattore più importante che impedisce che le proteine delle mosche vengano utilizzate nel nostro approvvigionamento alimentare è l’accettazione degli insetti come cibo da parte dei consumatori occidentali”, spiega il ricercatore sottolineando la difficoltà da parte degli le popolazioni occidentali, di cibarsi degli insetti.

Cibarsi degl'insetti molto presto non sarà più una scelta ma una necessità per poter garantire ai 7 miliardi di umani che popolano il nostro pianeta un pasto. Basti considerarne, oltre la qualità dei nutrienti, la sostenibilità nell'allevare insetti: Mezzo ettaro di suolo occupato per l’allevamento di larve di queste mosche possono produrre un quantitativo di proteine maggiore di quanto ne può produrre il bestiame che pascola su 1200 ettari oppure 52 ettari di coltivazioni di soia.

Fonte: notiziescientifiche.it