Orrori da gustare: Quella volta che ho assaggiato l'Hàkarl, ovvero lo squalo "putrefatto"
Lo squalo fermentato (o Hàkarl) è probabilmente il cibo più disgustoso al mondo
Lo squalo fermentato è una "specialità islandese", ma anche una prova di coraggio.
Lo squalo fermentato o "putrefatto", noto come hákarl, è una chicca gastronomica islandese, nata, come quasi sempre nelle tradizioni culinarie, dalla necessità e da evento fortuito.
E' noto per essere il cibo più disgustoso al mondo, parecchie e note le sue vittime, tra le star gastronomiche per citarne alcuni, abbiamo Anthony Bourdain che ne rimase particolarmente scioccato, dopo averlo mangiato dichiarò: “la cosa peggiore, più disgustosa e dal sapore più schifoso che abbia mai mangiato” e lo chef britannico Gordon Ramsay che non riuscì a non vomitarlo subito dopo averlo ingoiato.
Perché lo squalo fermentato è così disgustoso?
Lo squalo non possiede un sistema urinario, espelle le sostanze di scarto dalla pelle, quindi risulta che i tessuti delle sue carni siano intrisi di particelle di "urina" che gli conferiscono un nauseabondo retrogusto ammoniaca.
Perché gli islandesi mangiano lo squalo, e perché lo fermentano?
Necessità. L'Islanda è da sempre isolata dal resto del mondo e le sue temperature rigide oltre a ridurre le stagioni in cui si possano avere vegetali freschi dall'orto, non hanno mai consentito uno sviluppo vivace della fauna, quindi l'uomo per sopravvivere e garantirsi qualche proteina animale ha cominciato a cercare un modo per mangiare la carne di squalo che è naturalmente tossica. Per rendere commestibile e non nociva la carne di squalo, è necessaria una lunga fermentazione, processo che è stato scoperto casualmente intorno al 17esimo secolo. Una carcassa di squalo lasciata a marcire sulla spiaggia, messa successivamente ad essiccare si rivelò essere commestibile in quanto il lungo processo di "maturazione" faceva in modo che le tossine fossero espulse dalle carni.
Squalo essiccato all'aria
La fermentazione rese l'hàkarl gustoso? No, purtroppo. Le leggende popolari narrano che nessuno ebbe il coraggio di assaggiarlo. L'odore acre e pungente scoraggiava persino i più affamati, fin quando un magistrato di Contea, per tener fede alla sua carica istituzionale decise di farlo:
Dopo circa una settimana a combattere tra coniati di vomito e dissenteria, si riprese. Non considerato più mortale il consumo, fu dato il via alla produzione stabile.
Ancora oggi in Islanda è ritenuto immangiabile dai più, sono circa il 60% degli islandesi a non averlo mai provato e tanto meno hanno intenzione di farlo, ciò nonostante, è rimasto nella tradizione popolare come prova di coraggio ed io che sono curioso più del gatto, non me lo sono fatto mancare.
Mi sono detto: "Se almeno una persona al mondo lo ha mangiato, posso farlo anche io".
Ed è così che è partita la mia ricerca dello Hàkarl, che a Reykjavik viene venduto alla fiera settimanale dell'usato al Flea Market.
Flea Market Reykjavik
Diciamo che l'atmosfera prepara all'impresa
Quando stavo perdendo le speranze di poter fare quest'esperienza, con mia moglie esultante in quanto la promessa di dissenteria non l'allettava, un locale mi indicò la via:
Al banco gastronomico, nell'ultimo locale dello stabile in cui si svolge la fiera dell'usato, nemmeno bene in vista, come un tesoro da cercare per chi ne ha voglia, una serie di confezioni plastiche ben sigillate di Hàkarl. Ancora non mi sono dato delle spiegazioni sul ghigno malefico della commessa quando le chiesi gentilmente una porzione.
La tradizione vuole che i cubetti siano immersi in un bicchiere di Brennivín, una sorta di acquavite locale, la cui funzione sarebbe quella di coprire sapore e odore, ma non era disponibile. Rinuncio? Ma no. Vada per il "nature".
Come è andata? Beh, non potevo farvi perdere questo momento di gioia gastronomica, avrei potuto usare tutti gli aggettivi disponibili e tutte le lingue conosciute per raccontarvi quanto fosse disgustoso, ma il filmato, e la mia faccia penso possa darvi la descrizione sincera di quanto fosse "buono".
Buona visione e se passate in Islanda non dimenticate di assaggiare l'Hàkarl!
Ho provato a mantere un'espressione felice, ma non credo di esserci riuscito. Devo aggiungere altro?