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Perché sempre più chef stanno restituendo le stelle Michelin?

"Perché sempre piu chef stanno restituendo le stelle Michelin?" si chiedono alla CNN, ecco perchè (secondo me) questa è una grossa bugia.

Perché sempre più chef stanno restituendo le stelle Michelin?
(CNN) - Una volta essere premiati con una stella Michelin equivaleva ad aver raggiunto il massimo riconoscimento culinario - una ricompensa per le ore di duro lavoro passate in cucina con la massima attenzione al dettaglio. Una abnegazione che porta i cuochi più talentuosi a scalare l'industria gastronomica attirando commensali disposti a pagare sempre di più per avere il massimo. Ma per alcuni, le stelle iniziano ad essere viste non più come una benedizione, ma come un peso. Negli ultimi anni sono diversi i cuochi che hanno chiesto di essere esclusi dalla Michelin o hanno chiuso le porte dei loro ristoranti di lusso cominciando una nuova vita lontano dall'alta cucina.

Stamane mi sono imbattuto in questo dettagliato rapporto (articolo) di Francesca Street sulla CNN di cui lo stralcio appena letto ne è l'introduzione. Questa è una di quelle notizie riproposte ciclicamente che fanno credere al pubblico disinformato che sia una tendenza diffusa. In realtà "restituire" le stelle Michelin è un'azione talmente rara da non poter essere nemmeno considerata nelle statistiche (non si può tornale al mittente qualcosa che non ci appartiene, la "Rossa" è organizzazione privata e indipendente e le sue indicazioni sono destinate ai lettori, utili ad orientare i clienti ). Al seguito vi riporto una dettagliata carrellata di esempi estratti dal rapporto pubblicato sulla CNN ( alcuni veramente banali) per provare a dar sostegno a questa teoria, eccovene un riassunto:

-Nel 1994 il 32enne Marco Pierre White divenne il più giovane chef britannico di sempre ad aver ottenuto tre stelle Michelin. Nel 1999 ne fece rinuncia, abbandonando il ristorante che lo aveva reso una stella culinaria.
Perché sempre più chef stanno restituendo le stelle Michelin?

Fotografia: Don Arnold / WireImage

La motivazione fu che non voleva essere giudicato da persone che ne sapessero meno di lui. Aveva probabilmente ragione, un grande cuoco con le mani in pasta ogni santo giorno, dal talento cristallino come il suo ha sicuramente competenza in materia da vendere. Peccato che nel frattempo grazie a questi signori incompetenti, al clamore e alla notorietà globale derivanti dall'aver ricevuto quel riconoscimento, diventò abbastanza ricco da poter aprire diversi ristoranti e darsi alla carriera di ristoratore di successo e chef televisivo. Perchè non ne fece rinuncia nel 1994? Con grande rispetto vi domando: Marco Pierre White sarebbe stata la leggenda che conosciamo oggi senza diventare lo chef britannico più giovane di sempre ad aver ricevuto tre stelle Michelin? Probabilmente sarebbe stato comunque un grandissimo nel suo ambito, ma non la star planetaria che conosciamo. Facile rinunciare ad un qualcosa quando si è abbastanza forti da poterne fare a meno.

- Il francesce Sèbastien Bras nel 2017 chiese di essere estromesso dall'edizione futura della guida, non riusciva più a sopportare la pressione e il peso del dover essere giudicato sentendosi oppresso dal dover a tutti costi mantenere gli standard.
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Sèbastien Bras Fotografia: Reportergourmet.com

Gli standard non si dovrebbero mantenere per i propri clienti? E' davvero necessario chiedere di essere estromessi? Se si desidera non farne parte è sufficiente ignorarla.

Se non se ne vuol far parte, probabilmente, si ritiene di poterne fare a meno e quindi che si sia segnalati nella guida con 1, 2 o 3 che differenza fa? Non ti interessa? comprensibilissimo, ci si può semplicemente settare sul "Lavoro e basta, facendo quello che mi piace" le segnalazioni nelle guide servono ai clienti per orientarsi, non è un mio problema. Domanda: Se Bras non avesse avuto le stelle si sarebbe mai letto delle sue dichiarazioni? Avrebbero avuto peso e importanza? Facile uscirsene così a notorietà acquisita. Conoscete per caso lavori di alto livello non soggetti a stress? Io no.

- Magnus Nilsson, recentemente ha chiuso il suo due stelle Faviken, dichiarando alla stampa di essere stanco e di voler più tempo per se stesso e la famiglia. Notizia che ovviamente ha fatto il giro del mondo.
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Magnus Nilsson Fotografia: Agrodolce.it

Il 14 gennaio 2020, dopo poco più di un mese dalla chiusura è arrivata la notizia che sarà il nuovo direttore della MAD Academy di Renè Redzepi a Copenhagen. Domanda: se al suo inarrivabile ristorante perso nelle terre del nord non fossero arrivati gli ispettori della Michelin a consegnargli due stelle, secondo voi, si sarebbe stancato uguale o sarebbe stato costretto a lavorare per mantenersi? E infine, Renè e il mondo avrebbero mai fatto la sua conoscenza? Quindi un'altra storia che non regge.

- Il sudcoreano Eo Yun-Gwon, ha fatto causa per aver incluso il suo ristorante nella Guida, il motivo? Ecco le sue parole: "La guida Michelin è un sistema crudele. Costringe gli chef a lavorare un anno in attesa di un test, che non sanno quando arriverà."
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Eo Yun-Gwon

Ogni singolo cliente è un test, d'altronde la prima stella spesso arriva così, all'improvviso, senza che la si sia desiderata, una guida fa proprio questo, segnala a molti che in quel luogo si fa un buon lavoro. Caro Yun, la tua è paura di perderla, e per non perderla non è necessario scomodare la "Crudeltà", è sufficiente fare quello che hai sempre fatto e che ti ha portato a riceverla. Una segnalazione in una guida non ti costringerà a cambiare modo di lavorare, quella è una tua scelta, ma ti apprezzo, almeno non ci hai costruito su un impero prima di "restituirla".

- Marc Veyrat, sta portando avanti una causa (che recentemente ha perso, ma promette vendetta) lamentandosi dell'incompetenza degli ispettori, per il giudizio espresso sull'ultima guida in cui gli è stata revocata 1 delle sue 3 stelle.
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Marc Veyrat

Chissà perchè non ha fece la stessa cosa nel 2018, gli stessi (che oggi sono degli incompetenti) gli garantirono una segnazione a 3 stelle. Forse negli anni pari gli ispettori sono più bravi? Mistero della fede. Fatto sta che la causa divenuto di dominio internazionale e rimbalzata dai media, ha aumentato ancor di più la popolarità di Veyrat, tanto è che le prenotazioni al suo ristorante nel 2019 sono cresciute del 7%.

E poi tutta una serie di sondaggi sulle lamentele e sofferenze degli chef, tra cui uno di Unite che ha rivelato che i due terzi degli chef londinesi, credono che le lunghe ore di lavoro stiano danneggiando la loro salute, costringendoli ad un sovraccarico tale da portarli alla depressione, e aggiunge, quasi un terzo ha dichiarato di bere alcolici per superare il turno di lavoro.

Premetto, i cuochi hanno il massimo rispetto per il lavoro che svolgono, quando il mondo si diverte loro sono li a lavorare, ma di lavori usuranti ne esistono tanti e indovinate un pò? siccome non vi è alcuna nota guida che recensisce i minatori nessuno si preoccupa di andarli a intervistare. Inoltre, la faccenda del bere regge ancora meno, secondo recente ricerca dell’Ucl, l’University College London, è risultato che il consumo di alcool in Gran Bretagna sfiora il patologico, il 75% degli uomini e l'80% delle donne eccedono il limite giornaliero. A questo punto la notizia degna di nota dovrebbe essere: lavorare in cucina riduce il consumo di alcolici considerato che tra i cuochi la percentuale di chi beve più del dovuto è del 33%.

Un sondaggio più recente del 2019 commissionato da multinazionale svizzera Nestlè ha rilevato che il 48% degli chef ritiene che non si faccia abbastanza per il loro benessere mentale. La Guida, da parte sua, sottolinea che non ha mai incoraggiato la mania Michelin, Rebecca Burr, direttrice della Michelin Gran Bretagna dichiara: "Conosciamo le difficoltà a gestire un ristorante di successo ma non abbiamo mai incoraggiato o ossessionato i cuochi ad averne uno, dipende interamente da loro e da che genere di esperienza vogliono offrire ai loro clienti" e aggiunge "si può gestire un ristorante estremamente redditizio pur senza avere una stella Michelin".

Siate sinceri, al netto della passione e della voglia di esprimere il proprio talento, cosa che dalle dichiarazioni dei cuochi ( sempre più simili a quelle dei calciatori in quanto a ridondanza) pare essere l'unica cosa che realmente li spinge a condurre questa professione, i ristoranti sono attività commerciali e come tali devono produrre utili. Essere segnalati nella Michelin aiuta senz'altro la cassa e a raggiungere i vostri obiettivi commerciali. Non vi è nulla di male a voler far soldi con il proprio lavoro, essere cuochi non è un hobby, essere cuochi è una professione. Collaborazioni, cene a 4 mani, manifestazioni culinarie, consulenze etc etc è tutta roba che finisce a bilancio, e le entrate extra fanno piacere a tutti. Quindi la stella che sia per vanità o per far quadrare i conti è comunque un guadagno.

E poi arriva l'esempio del Checker Restaurant, che nel 2018 ha lanciato Checkers Pantry, una struttura accessibile a tutti per la colazione e il pranzo dichiarando "Avere una stella è stato per molto tempo il punto di riferimento dei nostri affari, un tesoro custodito per sette anni, ma era tempo di fare un lavoro più indipendente e adatto alle famiglie", e a un anno da questa scelta aggiunge "ora abbiamo più tempo libero, la transizione è stata semplice, avevamo già una base di clienti e a quelli ne abbiamo aggiunti altri allargando il nostro pubblico"
Perché sempre più chef stanno restituendo le stelle Michelin?

Checkers Pantry, Montgomery

Non è questo il caso ma è sempre più in voga affiancare al ristorante "stellato" una struttura smart per fare cassa e numeri, l'immagine prestigiosa sinonimo di qualità di un cuoco insignito del celebre macaron è sicuramente un validissimo strumento di marketing. Cambiare pagina raggiunta la notorietà ed avendo costruito negli anni un pubblico fidelizzato ( anche grazie all'essere segnalati in guida) può considerarsi un salto nel vuoto? Può questa vicenda essere considerata una restituzione?

Ai limiti dell'assordo l'esempio dello chef indiano Dhruv Mittal, dopo aver lavorato in diversi ristoranti stellati nel regno unito ha aperto il Dum Biryani House, un ristorante indiano dal buon cibo a prezzi amichevoli.

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Dhruv Mittal Fotografia: Abouttimemagazine.co.uk

Aver lavorato in un ristorante stellato, senza averne desiderato uno proprio, scegliendo di fare un lavoro diverso magari più in linea alle proprie capacità, equivale a rifiutare la stella? Quindi, tu amico mio che nella vita hai scelto di fare il chirurgo, puoi benissimamente andare in giro a raccontare che hai rifiutato la stella Michelin. Segnatevelo, per rifiutarla bisogna prima ottenerla, altrimenti sono chiacchiere da Bar.

Per quanto mi riguarda sono solo modi di sfruttare l'immagine della Rossa per far parlare di se. Conosco tanti cuochi che raccontano questa filastrocca "io non ho voluto la stella", "ho scelto di cucinare per il popolo"; beh caro amico mio, cosa ti fa pensare che volendola l'avresti ricevuta? Nessuno vi obbliga a volerne una, fare una cucina che nell'immaginario collettivo è considerata "bassa" non significa che sia "inferiore" a quella definita "alta". Un grande cuoco è un professionista che rende felici i propri commensali a prescindere dal contesto e spesso ho goduto più per un panino mangiato in piedi all'angola della strada che per un grosso e pomposo piatto di spume e sferificazioni. Non sarebbe più bello e onesto dire "Faccio quello che so fare", "Voglio fare numeri grossi e intascarmi tanti bei soldoni" oppure "Amo con tutto me stesso proporre una cucina tradizionale", perchè semmai non ne foste a conoscenza, fare una buona cucina tradizionale equivale al più alto riconoscimento gastronomico. La tradizione è perfezione.

E infine per smentire che per ottenere la stella sia necessario avere a tutti costi un grande ristorante, con le conseguenti pressioni, la Burr nomina il Liao Fan ad Hong Kong, l'umile bancarella ambulante del cuoco Hawker Chan che ha ricevuto una stella michelin nel luglio 2016: "La stella Michelin riconosce la qualità e la coerenza del cibo offerto, indipendentemente da quanto sia formale o informale un'ambientazione", afferma la Burr, e aggiunge: "In sostanza, se i nostri lettori e gli utenti delle nostre app possono accedere facilmente a un punto vendita e il cibo offerto è sempre eccellente, può essere considerato."
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Liao Fan, Hawker Chan

Per onore del vero questa affermazione è uno specchietto per le allodole, nel sistema asiatico hanno chiaramente adottato parametri di valutazione differenti. Non è cosi insolito trovare nelle guide asiatiche locali spartani, in questo caso la Michelin Asia ha dovuto fare i conti con la realtà locale e un concetto di ristorazione nato e cresciuto a sè stante non paragonabile ai nostri canoni occidentali. Non potendo costringere popoli a cambiare le loro abitudini secolari adottando un sistema occidentale, con l'aiuto di esperti gastronomici asiatici hanno dovuto prendere atto delle differenze per poter segnalare il meglio del meglio nel rispetto della cultura asiatica. Se quest'ultima dichiarazione della Burr fosse totalmente vera, vi sarebbero tante cucine straordinarie in occidente meritevoli di essere segnalate a cominciare (perchè no), per restare in Italia, da qualche pizzeria.

In conclusione? questo rapporto è ridicolo, monta una tesi su una casistica cosi bassa da non poter nemmeno essere presa in considerazione in quanto non raggiunge nemmeno un punto percentuale. E' il classico articolo per far girare i motori di ricerca, 1, 2, 10 chef su migliaia e migliaia di cuochi segnalati nella lunga storia della Michelin non fanno una tendenza, sono solo un caso che fa discutere in quanto nominare la Michelin garantisce letture.