Timballa, Timbada, Tumballa, Budinu - evoluzione di un'antica ricetta
Giovanni Fancello e la storia delle ricette che evolvono anche nel linguaggio
Foto copertina: La cucina della Memoria di Mariantonietta Mazzone
La parola “budino” è però circondata da una grande confusione.
Nell’uso corretto dovrebbe essere il nome di una serie di preparazioni dolci, invece, spesso si usa il termine per indicare preparazioni salate.
Il Budino è oggi una preparazione prevalentemente a base di latte, zucchero, farina e uova, arricchito da diversi ingredienti aromatizzanti. Della famiglia del budino fanno parte le creme in tazza, creme caramel e bavaresi.
Preparazione e foto de La cucina della Memoria di Mariantonietta Mazzone
Le prime tracce sulla preparazione sono molto antiche e già nel De re coquinaria di Apicio ritroviamo una ricetta moltoin uso presso i Romani e molto simile ai budini contemporanei.
La preparazione era chiamata “tyropatinam” e si faceva così:
"Bollire tanto latte quanto ne contiene una pentola, con l’aggiunta di molto miele per addolcire, unire le uova e lavorare molto lentamente a fuoco lento. Quando l’insieme sarà cremoso, per renderlo ancora più vellutato, si filtri in un altro recipiente tramite un panno bianco, si riporti a ebollizione a fiamma moderata, per ridargli consistenza, e si serva la crema fredda spolverizzata con pepe pestato".
Preparazione e foto di Danilo Mameli
Il budino è comunque l’evoluzione di un’antica preparazione dolce del sanguinaccio, preparata dentro un budello:
in latino botèllus, diminutivo latino botellinus, e in sardo logudorese sàmbene druche (sanguinaccio di maiale dolcificato con la sapa (dal latino sapa). Dal diminutivo latino “botellinus” scaturisce la parola francese “boudin” per indicare una preparazione salumiera.
Nel ricettario anonimo Le Ménagier de Paris composto nel XIV secolo, oltre alle indicazioni per una giovane sposa su come gestire la casa, si dà ampio spazio alla cucina, e vi si riportano le ricette per realizzare un boudin blanc (salsiccia) e un boudine noir (sanguinaccio). Preparazioni che si sarebbero evolute nel XVIII secolo, quando la cucina francese aveva conquistato l’Europa e danno indicazioni per arrivare alle ricette contemporanee.
Nel Rinascimento italiano, comunque, è il grande cuoco Bartolomeo Scappi a dettarci la ricetta e fare un grande passo avanti al “tyropatinam” di Apicio, nel suo testo Opera: Per fare torta di latte con diverse compositioni, la quale dal vulgo è dimandata coppi romagnoli.
Preparazione e foto di Danilo Mameli
Anche il rinascimentale cuoco Cristoforo da Messisbugo, nel suo testo “Banchetti e composizione di vivande”, riporta la ricetta: Torta di mangiare biancho, overo cavi di latte per sottolineare il livello di raffinatezza raggiunto della preparazione.La Timballa, così chiamata, che consideriamo solo sarda e nata nell’isola, la troviamo nel testo dell’Anonimo piemontese perfezionato a Parigi 1766: Uovi in timballa. Quindi, il nome sardo arriva dal Piemonte. Ulteriore conferma si ha dal testo Cucina Borghese del piemontese Giovanni Vialardi del 1854, cuoco di Casa Savoia, dove la timballa è sia dolce, sia salata.
La parola moderna si evolve in bodino nel 1808 (l’antico “bodino di Casa Savoia” che poi diventerà Bonét e, infine, nel 1892 Budino). Bodino è il termine che usa il cuoco-pasticcere Teofilo Barla (1796-1872) nelle cucine della Real Casa Savoia, collega e contemporaneo di Giovanni Vialardi.
Preparazione e foto di Danilo Mameli.