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Antimo Caputo: "Dobbiamo tirar fuori l’orgoglio italiano: le auto, i vestiti, la farina, i salumi, prodotti caseari italiani, da Nord a Sud, sono i prodotti più buoni e belli del mondo."

Antimo Caputo manager Molino Caputo parla della crisi nella ristorazione per il coronavirus

Antimo Caputo: "Dobbiamo tirar fuori l’orgoglio italiano: le auto, i vestiti, la farina, i salumi, prodotti caseari italiani, da Nord a Sud, sono i prodotti più buoni e belli del mondo."

Antimo Caputo manager dl Molino Caputo è in prima linea in questo momento particolare di crisi dovuta al Coronavirus. Soprattutto perché la sua impresa è direttamente coinvolta nella filiera agroalimentare e del food. Lo abbiamo ascoltato per capire anche il suo punto di vista,

Antimo allora, che sta succedendo?

È un momento epocale per la produzione, per la distribuzione, per tutto. Una vera e propria rivoluzione nel paese, nelle abitudini di relazione umana, all'interno delle famiglie. Sono stati riscoperti tutti i valori positivi dei legami affettivi e delle tradizioni, soprattutto quelle gastronomiche. Manco a farlo apposta con al centro la farina, un bene che si è rivelato primario e addirittura strategico. Bellissime le condivisioni social di mamme, papà, nonni che sono intenti a far lievitare gli impasti, a confezionare le pizze o il pane, a infornare e poi a condividere tutti insieme e riuniti a tavola. Questo rieduca le persone a tornare con i piedi per terra. Bello. Sì.

Ma?

Sì è la parte surreale della situazione che stiamo vivendo, mentre fuori infuria la guerra, diciamo così. È difficilissimo, perché abbiamo scoperto che l’Europa non esiste, che le frontiere sono state chiuse, che mandare i prodotti in Germania attraverso il Brennero è stato impossibile. Sono rimasto colpito e ferito, non me lo aspettavo. È difficile reperire tutto, anche la materia prima grano o quello che serve per il packaging, E tutto costa di più. Il lavoro sulla filiera agroalimentare si è complicato: dal piccolo agricoltore che deve mandarti il grano al cliente importante che deve ricevere la farina, insomma. Garantirlo, è diventato per noi una cosa pazzesca, una vera e propria missione di guerra. Questo lascia il segno, di brutto, veramente.

Ricade tutto sulla ristorazione questa difficoltà?

Certo, c’è un buco finanziario pazzesco. Mio padre mi ricorda che questo non si è verificato neppure durante la guerra. Le saracinesche di bar, caffè, pizzerie, trattorie, negozi non sono mai state chiuse per un periodo di tempo così lungo.

Antonio Pace nella sua intervista ha detto che non dobbiamo ricostruire, ma ricominciare a lavorare. Tu che pensi?

Io ritengo che dobbiamo innanzitutto ricominciare a guardarci di nuovo come amici e non come nemici. Questo virus ci ha resi bruti. Siamo nemici tra di noi. È molto brutto dal punto di vista umano. È il contrario della civiltà. Dobbiamo ricominciare ad aiutarci gli uni con gli altri soccorrendo i bisognosi. Poi ci sarà un grande “back to basic”, il ritorno all’essenziale, al semplice.

Anche nel mondo che ruota intorno al food, intendi?

Massì, verranno tagliati tutti i fronzoli, si tornerà all’essenzialità. Tutto sommato questo momento storico fa pulizia. Soprattutto nel mondo del cibo. Non a caso la farina viene riscoperta come elemento semplice, vedi. Una confezione di farina e un pezzetto di lievito sembravano cose scontate. Ora sono un bene prezioso, mamma mia! Nel mondo della ristorazione in generale non so, ma di sicuro la pizza tornerà alle origini, anche con un’estetica completamente diversa.

E nell’immediato si può fare qualcosa?

Sì, ringraziare innanzitutto i combattenti. Prima quelli impegnati direttamente sul fronte sanitario, ma anche quelli che continuano a lavorare per garantire i viveri agli Italiani. In questi giorni drammatici la nostra produzione del gluten free, ad esempio, è stata garantita grazie alle maestranze che abbiamo proprio in provincia di Bergamo, a Nembro. Non si sono fermati un giorno. E poi penso che la compostezza e il rigore, il rispetto delle norme dimostrato dai napoletani e dai campani in questi giorni di isolamento a casa vadano premiati. Cioè, va subito fatta ripartire la delivery, soprattutto delle pizzerie. Questo settore garantisce una microeconomia essenziale, senza la quale potrebbero venire meno i fondamentali della vita nelle nostre zone, in particolare.

Un tuo messaggio finale di speranza per tutti?

Noi siamo il paese, l’Italia, che riesce a fare la manifattura più bella e più buona al mondo. È una cosa straordinaria. Dobbiamo tirar fuori l’orgoglio italiano: le auto, i vestiti, la farina, i salumi, i prodotti caseari italiani, da Nord a Sud, sono i prodotti più buoni e belli del mondo. Dobbiamo essere orgogliosi e fiduciosi in questo, perché sarà la chiave di volta del futuro. E lì capiremo quello che i Cinesi vogliono dire quando intendono crisi come opportunità e cambiamento. L’Italia è il più grande paese manifatturiero perché sa produrre bene, bello e buono.