Gianni Di Lella: "sono gli altri pizzaioli a vanificare la pizza dolce banalizzandola"
Gianni Di Lella, La Bufala di Maranello, e le sue pizze dolci
Qualche settimana fa, sulla scia di una notizia arrivata direttamente dagli States che riguardava la Loopy Fruits Pizza, cercavo di dire la mia sull’argomento pizza dolce. A grandi linee il senso era questo:
“Quello che sarebbe da capire è che non si può mettere limite al gusto, alla voglia di provare, di innovarsi che non vuol dire per forza abbandonare la tradizione così come rispettare la tradizione non significa restare fermi. Le pizze dolci possono essere l’ennesimo modo per esprimere una idea, un ricordo o una emozione ma anche appartenenza e conoscenza.”
E così, tra un purista inca**ato e un banale moralizzatore che oltre alla granella di pistacchio ancora non sa spingersi oltre, ogni tanto appare qualcuno che sorprende molto di più perché mentre tutti sembrano sempre pronti ad insegnare, Gianni vuole imparare. Per l’esattezza Gianni vuole ascoltare e migliorarsi, consapevole che la sola arma per costruire sia nella capacità di apprendere e rendere le proprie idee qualcosa da voler condividere.
Si tratta di Gianni Di Lella, pizzaiolo e titolare della pizzeria La Bufala di Maranello e più volte campione del mondo di pizza dolce.
Gianni Di Lella è nato a Cercola (Na) nel 1985 e la famiglia si trasferì in Emilia quando lui aveva circa 4 anni. Nel 2011, a 26 anni, sotto consiglio e forse un po' pure per scommessa di suo padre (anch'egli chef), decide di frequentare un corso privato a Sorrento (NA), presso uno dei maestri di cucina più rinomati a livello mondiale in materia di pizza tradizionale napoletana: lo Chef Antonino Esposito. Un maestro che contribuì non poco a stimolare la sua fantasia e ad accrescere il suo bagaglio tecnico e nozionistico.
Nasce così “La Bufala”, nel cuore della terra dei motori, a pochi passi dal centro storico di Maranello (Mo); dapprima come una piccola pizzeria d’asporto in stile napoletano e ad oggi diventata un punto di riferimento per chi cerca una pizza contemporanea. Un mondo scoperto quasi per caso ma che Gianni non ha mai più mollato e che non solo lo unisce alla sua famiglia ed al suo team ma che fonde le sue due anime: quella campana e quella emiliana, con prodotti di prima qualità e creazione di pizze dal carattere contemporaneo per unire tradizione ed innovazione. Una selezione maniacale di ingredienti e di emozioni.
Come nasce il tuo rapporto con la pizza?
Quello del pizzaiolo non è stato il mio primo impiego. Prima vendevo auto e sono entrato a contatto con l'arte bianca un po' per scommessa. Il sogno di mio padre era quello di aprire una pizzeria e mi sfidava dicendo che un venditore d'auto non avrebbe potuto diventare un pizzaiolo. Con il tempo invece ne feci la mia professione e quindi la mia passione, fatta anche di diverse soddisfazioni, e ancora oggi facciamo le pizze insieme. Lui mi ha trasmesso l'amore per questo lavoro e la tenacia che ti porta a non mollare anche nei momenti più duri. Quando siamo partiti non avevamo tante speranze dalla nostra, oggi siamo invece una bellissima realtà a conduzione familiare di cui vado estremamente fiero.
La tua filosofia di pizza rispecchia molto quello che sembra essere il tuo stile di vita: attenzione al dettaglio e voglia di mettersi in gioco. Qual è il segreto della tua rapida ascesa?
Io sono molto attivo, non riesco a star fermo. Vengo da una famiglia di commercianti quindi non stavano mai fermi. La voglia non manca in casa nostra: mio padre, ipovedente ormai, ha smontato una 500 a memoria, a mani. La mia filosofia è godersi la vita ogni minuto, facendo tutto ciò che mi piace fare: calcetto, passeggiare per boschi, far crescere la pizzeria ma sempre ricordandosi che c’è una vita privata, una famiglia, una figlia. Il mio segreto è la fame di godersi la vita. Mi piace dare sempre gas, perché non mi piace perder tempo.
Tiramisùlapizza, una base caramellata con zucchero di canna, poi, quando la pizza si è raffreddata, aggiungo gelato al caffè, mascarpone sifonato che avvolge il gelato con un “effetto sorpresa”, polvere di caffè arabico, polvere di cioccolato fondente, basilico per dare freschezza e anice stellato vaporizzato al tavolo
Sei in continua evoluzione: impasti, farine, lieviti e ingredienti. In cosa differisce la tua pizza? Puoi raccontarcela?
Per me la pizza è un disco di pasta che deve essere perfetto, che deve esaltare i prodotti. L’impasto non può essere sempre lo stesso in quanto è vivo e cambia ogni giorno. Cerco costantemente di migliorarmi: nella maturazione e lievitazione, nello stoccaggio.
Dove e come si incontrano Campania ed Emilia nelle tue creazioni?
La Campania e la mia terra nativa, sono cresciuto con la pastiera, la parmigiana, le polpette di mia mamma; mentre l’Emilia è la mia casa attuale, dove da piccolo facevo le scorpacciate domenicali insieme ad amici che avevano la nonna rezdora e da lì apprezzavo sempre di più la cucina modenese. Dunque ho una forte appartenenza a questo territorio. Nel menù non mancano mai queste due tradizioni fortissime che insieme creano quella che è l’identità della Bufala di Maranello. Mi ritengo molto fortunato perché ho nella testa e nel cuore due tradizioni tanto importanti, forse le migliori del mondo, quella emiliana e quella campana. E ammetto che mi provoca una particolare emozione la cucina siciliana. Per me la concezione di mescolare le due tradizioni nasce dal fatto che mi rappresentano, sono ciò che mi piace mangiare, fare e veder scegliere.
La Zuppa inglese con crema pasticcera al cacao amaro, crema pasticcera, e alchermes vaporizzato
Sei stato un innovatore nel tuo settore con la tua scelta di pizze dessert. Da dove parte l’idea di rivisitare dolci della tradizione in chiave pizza?
Beh... ho iniziato 5 anni fa con questa idea della pizza dolce. Io e Richard abbiamo iniziato scherzando e poi ci siamo detti: “ma sai che sarebbe interessante portare avanti un prodotto del genere e dare vita ad una idea vera piuttosto che utilizzare prodotti acquistati. Creiamo un concetto". Da lì è partito tutto: la prima è stata la tiramisù, gelato ricoperto da sifonate di mascarpone quindi le consistenze il mascarpone freddo che manteneva a temperature il gelato. Quindi studio in primis, cercare di trasferire una idea. Ma poi ci sono la tarte tatin, la torta della nonna, la zuppa inglese, la zeppola di San Giuseppe (base fritta, spolverata di zucchero di canna, crema pasticcera, colatura di amarene e mostarda di mele piccante), la Margherita/Non Margherita (con meringa all’italiana, marmellata di pomodoro alle fragole, basilico fresco), la coccobello... tutte comunque che partono da un ricordo. Cerco sempre di far pensare: “tiramisù, conosco cos’è ma sulla pizza perché?", e se lo spieghi bene, se glielo racconti lo assaggeranno.
La mia lasagna (ricordo di infanzia): Bufala dop, ragù come da tradizione con le migliori carni italiane, Parmigiano Reggiano 60 mesi caseificio Bertinelli
Il tuo rapporto con la pizza si è evoluto anche grazie alla collaborazione, raccontaci com'è andata!
È sempre stata un’evoluzione costante. Tutto è nato quando sono entrato in contatto - grazie al mio amico e chef Richard Abou Zaki - con l’Osteria Francescana. Insieme abbiamo pensato di fare la pizza Lasagna in cui la parte croccante era il cornicione che fungeva anche da scarpetta: una base bufala dop, ragù tradizionale, besciamella di acqua e parmigiano, parmigiano reggiano 60 mesi. Da lì nasce un percorso a quattro mani che dura da anni con l’idea di offrire un nuovo modo di vedere la pizza, un percorso in cui non potevamo evolverci se non avevamo basi e cultura, principi cardine di una crescita costante che personalmente è sempre stata al centro del mio percorso. Da questo pensiero nascono le prime pizze dolci in collaborazione, per tanti anni tabù ma solo l’assaggio può decretarne l’esito. La pizza tiramisù, la pizza zuppa inglese, la pizza torta della nonna, la pizza Tarte tatin (vincitrice della pizza dolce dell’anno per la guida Gambero Rosso) sono alcune delle pizze elaborate nel corso di 5 anni tra quelle che hanno riscontrato più successo. La tecnica c’è, ma per un attimo viene messa da parte dando importanza al concetto che al primo boccone vuole diventare emozionante. Per me è stato ed è importantissimo che le pizze che creo siano un lavoro fatto insieme a Richard: la sua tecnica mi aiuta a rendere le pizze equilibrate. C’è un concetto di collaborazione.
La Tarte tatin con Mele Granny Smith caramellate al profumo di calvados invecchiato, gelato alla crema e menta al profumo di cioccolato
Cosa rappresentano le tue pizze dolci? Quale è lo scopo, la meta?
Tutte le pizze dolci sono delle basi, sostituiscono il savoiardo, il pandispagna, la pasta sfoglia, la pasta frolla tutto questo con protagonista la pizza, questo è quello che facciamo: trasformiamo la tradizione in pizza qualsiasi sia, con un approccio trasparente, semplice ed inserzioni di modernità.
Un equilibrio tra dolce e salato, tra sapori e toni differenti che si fondono tra loro con la speranza di creare la sensazione "wow" per un cliente sempre più preparato ed esigente.
La meta è senza limiti, mantenendo costanza, spirito di sacrificio e crescita continua. Creare basi ancora più solide per poter avere un ruolo importante in questo mondo veramente pieno di grandi professionisti ora come non mai.
Sono note le tue collaborazioni con gli chef, simbolo della tua voglia di fare della pizza qualcosa che sia più di un pasto semplice ma una vera esperienza che resti comunque alla portata di tutti. Qual è l’esperienza che ti ha cambiato?
Le collaborazioni sono parte dell’apertura mentale che ho sempre avuto. Sono un grande osservatore: guardo, capisco, riproduco. Ho imparato così questo mestiere, ho fatto corsi ma sono sempre stato in giro. Nel 2013 ho scelto di iniziare a viaggiare in tutto il mondo con il Molino 5 Stagioni, non per lavorare ma per capire e mettermi in gioco: volevo capire come funzionava nel mondo, come era vista la pizza, cosa si mangiava. Ho viaggiato in lungo e in largo in tutto il mondo per 5 anni di fila ed ho smesso nel 2019 perché è arrivato poi il covid. Thailandia, Los Angeles, Las Vegas, Chicago, Germania Svezia Spagna: sono stato dappertutto tranne che in Australia e Giappone. E tutto ciò mi ha dato l'apertura mentale che mi ha fatto sempre trovare bene con gli chef che ho incontrato nel mio percorso: vedevano un ragazzo che sapeva ascoltare. Questo è il mio concetto di vita: umiltà, testa bassa e ascoltare è l’unico modo per imparare. Bisogna saper poi mettere in atto quello che si è imparato.
L’esperienza che mi ha cambiato è stato il mio viaggio in India. Ho visto la fame e la povertà e questo mi ha aperto gli occhi ancora di più su ciò che volevo. Siamo fortunati e non ci rendiamo conto. Io mi sono sudato tutto, ho fatto tutto da me e ho sempre lavorato e ancora quando c’è da lavorare non mi tiro indietro.
La Torta della nonna con crema al limone, pinoli tostati menta peperina e scorzetta di limone
Cosa e quanto c'è di questa tua vita nel menù?
Nel menù ci sono pizze che descrivono il mio percorso di vita. Non è un menù con tante pizze gourmet che poi noi chiamiamo contemporanee e che in realtà non sono neanche quello: sono semplicemente idee mie. L'impasto è la nostra firma, è della famiglia di Lella. Le ricette sono tutte mie perché io vedo un concetto di semplicità e tradizione con un pizzico di innovazione però che sia capito dalle persone perché la mia deve essere una coccola alle persone in primis. Io voglio restare un passo indietro rispetto ai pizzaioli che fanno grandi studi e usano tanti ingredienti particolari, perché io voglio restare nell’idea di coccola per il cliente, voglio essere più alla portata di tutti soprattutto con prezzi quindi che siano alla portata di tutti. Io amo vedere il locale pieno con tanta gente che si diverte, tengo molto alla qualità e al km0 quindi ci sono anche prodotti con un costo elevato ma ho anche la margherita a 5€. Io voglio tramettere la mia famiglia alle persone, io voglio trasmettere me: tutto è fatto in casa, i friarielli li fa mio padre. Questo fa capire tanto,
Nel corso degli anni in tanti, anche grandi nomi del panorama pizza, hanno provato a lasciare il segno con la “pizza dolce”; cosa credi spinga in quella direzione e cosa invece ostacola la crescita di questo prodotto?
Sono contento di vedere i colleghi che si avvicinano. Io sono felice di essere stato uno dei pionieri di questo cambiamento perché è bello vedere che tanti grandi provano a portare come fine pasto qualcosa di loro, di artigianale, una loro idea come per le salate.
Sicuramente è diventato interessante esplorare questo mondo per eliminare i soliti dolci da pizzeria comperati e fare qualcosa di artigianale, innovativo anche nei dessert. La strada è quella giusta perché davvero vedo tanti colleghi che fanno cose bellissime e con sempre più impegno. Tante volte non è più una pizza e basta, bensì un'esperienza a tutti gli effetti in cui lasciarsi andare e degustare tecnica, pensiero e anima. L’ostacolo più grande può essere l’esagerare, penso che tutto debba essere fatto in maniera graduale.
La coccobello
Il mondo pizza avanza incredibilmente, più lo fa e più sembra chiudersi su se stesso a causa della poca apertura (a volte). La stessa pizza dessert viene spesso fatta oggetto di satira e discriminazione, cosa pensi vada cambiato? Cosa si può fare per renderla accettata?
Il mondo pizza avanza, tutto il livello del mondo pizza si è alzato e questo è ottimo perché questo mondo prende credibilità, gli chef si avvicinano, sale la qualità. Bisogna che noi stessi ci si impegni per dargli credibilità perché il personale di sala deve essere formato a raccontare, a far capire, a introdurre ciò che esce dalla cucina in quanto solo se ciò accade può subentrare l’emozione: vendi se credi.
Facevo il venditore d’auto conosco certe emozioni, certi sentori adrenalinici. Quando le persone mi chiedono di raccontare le mie pizze io lo faccio con emozione perché ci credo in quel che faccio, trasmettere quello ti rende credibile agli occhi del cliente ed è ciò che cerco di insegnare ai miei camerieri. Il mio staff mangia spesso le mie pizze dolci perché se sono buone e piacciono a loro allora le venderanno perché crederanno in quello che stanno proponendo.
Sono le persone, gli altri pizzaioli che buttando la semplice nutella su un disco di pizza a sfatare tutto sulla pizza dolce. È sempre ruotato tutto intorno a granella di nocciole, granella di pistacchio, nutella e crema. Stop, basta, finita lì. Bisogna fare informazione e questa mentalità cambierà con il tempo. Serve solo tempo perché se ne parla sempre di più. Solo in questo modo si può trasmettere l'emozione e si può far sì che le persone si fidino di te e ti diano carta bianca per assaggiare tutto quello che è il tuo lavoro.
Ascoltare Gianni Di Lella è stata una delle cose più emozionanti degli ultimi tempi: un uomo che cambia tono al sol menzionare suo padre, sua figlia e... il suo lavoro. Se c'è anche solo una minima parte di tutto ciò nelle sue pizze, non possono che essere dolci.
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