FoodClub | Logo Esdra

Maria Cristina De Simone Avallone e i suoi vini per il Natale, la new generation di Villa Matilde

I vini per Natale consigliati da Maria Cristina De Simone Avallone di Villa Matilde

Maria Cristina De Simone Avallone e i suoi vini per il Natale, la new generation di Villa Matilde

Mi interessa moltissimo l’opinione dei giovani in fatto di vino. Come lo scelgono, quali territori preferiscono e come si pongono nei confronti dell’importante storia alla quale è legato, così come alle novità e ai cambiamenti.

Maria Cristina De Simone Avallone è una giovane laureata in enologia, figlia d’arte, della famiglia Avallone di Villa Matilde, nel Falerno, territorio di antiche e nobili origini enoiche. Le sue radici la inducono naturalmente a confrontarsi con la storia, e contemporaneamente ad affrontare studi specializzati e in continua evoluzione. Così le ho chiesto di indicarci sei vini per il Natale.

I vini per Natale di Maria Cristina De Simone Avallone: la new generation di Villa Matilde

Durante queste festività natalizie vorrei accompagnarvi in un viaggio enologico racchiuso in sei etichette, dell’Italia e del mondo

La prima tappa del nostro viaggio è in Italia, più precisamente in Campania.

Questo territorio fu scelto dagli antichi romani per produrre il loro amatissimo Falerno, uno dei vini più celebri della storia. Qui nasce Vigna Caracci 2017, falanghina in purezza della cantina Villa Matilde Avallone, l’azienda della mia famiglia, che ha avuto come mission riportare alla ribalta l’areale vinicolo tanto decantato dai romani. Vigna Caracci affina parzialmente in anfora, poi in in acciaio, per continuare in bottiglia. La sua struttura calda e mediterranea, ed il suo equilibrio, permettono di abbinarlo a piatti più disparati, dal mare alla terra; perfetto così sia per il cenone del 24 dicembre, sia per il pranzo di Natale.

Saliamo leggermente più su lo stivale per ritrovarci in Umbria.

Il secondo vino è un grande rosso della cantina Famiglia Cotarella, il Montiano 2019; Merlot 100% è stato uno dei primi vini in Italia ad essere prodotto interamente con queste uve, affina per due anni in barriques e poi in bottiglia; ha un ampio spettro aromatico, rotondo e pieno, perfetto per piatti a base di terra e carne. 

A questo punto farei un giro fuori dall’Italia,

con la curiosità di percorrere storie antichissime del mondo enologico, fino a incontrare i luoghi dove tutto ha avuto origine. Stappando un vino si può viaggiare, questo è uno degli aspetti che lo rendono così affascinante.

Ecco due etichette che sono la perfetta rappresentazione della storia e dell’evoluzione, di come il mondo del vino possa essere stato compagno di vita di molti popoli e di quanto tutto ciò si rispecchi nei costumi attuali.

  • Karasi 2018 di Zorah in Armenia ci fa compiere un salto all’indietro nel tempo, nei millenni. Siamo in Armenia, patria storica del vino - tutt’oggi si contende tale primato con Georgia e Mesopotamia. Si racconta che Mosé abbia impiantato una vite in Armenia, dove dei ricercatori hanno trovato una cantina risalente a 6100 anni fa. All’interno del cellaio vennero scoperti dei contenitori in terracotta utilizzati per fermentare o affinare il vino, chiamati Karasi. Nome dato al vino che vorrei consigliarvi; parliamo della cantina Zorah che, pur essendo giovane, è molto legata alle proprie origini. Karasi è un vitigno autoctono di Areni, coltivato a 1400 m di altitudine, utilizzando viti a piede franco, affinato in anfora (nei karasi di terracotta).  L’annata 2018 è estremamente equilibrata pur essendo avvolgente e calda, il terroir e l’elevata altitudine le conferiscono una freschezza splendida. Al naso sa di spezie e il pepe primeggia, ne fa seguito da piccoli frutti del sottobosco e rabarbaro. Sta benissimo con le carni rosse.
  • Passiamo adesso all’altro lato del mondo; la Nuova Zelanda, dove il vino è cosa recentissima, anche se si sta facendo largamente spazio, soprattutto per la produzione di grandi souvignon, caratterizzati da un’aromaticità decisa; erbe, agrumi e frutti esotici; spesso ritrovati anche in questo Sauvignon che vi consiglio, della cantina Babich annata 2020. A differenza di molti souvignon neozelandesi, fa un piccolissimo affinamento in barriques, per una minima percentuale che poi viene riunita alla rimanente parte affinata in acciaio. Babich è una cantina storica, nasce nel 1912, i produttori sono alla terza generazione - frutti di mare, ostriche e pietanze da cenone sono la morte sua!

Voliamo nella Champagne e per stappare una etichetta storica,

Champagne Blanc de Blanc di Charles Heidsieck - è la più piccola tra le grandi maison di Reims, l’unica bolla che vorrei annoverare perché ultimamente è stata parte di giornate incredibili che porto nel cuore. Affina 48 mesi sui lieviti e si percepisce negli intensi e evoluti aromi che si ritrovano a pieno con le uve di Chardonnay della zona della Cote des Blancs - niente di meglio con formaggi stagionati. 

Siamo alla fine di questo nostro viaggio e siamo giunti al dessert.

Sarò forse all’antica, ma credo che il dolce si debba abbinare con il dolce. Cosa c’è di meglio di un vino liquoroso? Ho un amore folle per il Porto: ci troviamo nella zona del Douro, nella cantina W. & J. Graham's. Il tawny 20 anni è un vino liquoroso prodotto con uve dei vitigni autoctoni della penisola iberica, invecchia sino a 30 anni in botti di rovere. Caldo e avvolgente; morbido e profondo, delicatamente dolce, con un finale persistente.

E ora tocca a voi stapparli!

Buone feste,

Maria Cristina

Seguici su facebook foodclub.it

Entra nel vivo della discussione sul nostro gruppo, un luogo libero dove professionisti della ristorazione, clienti e #foodlovers si confrontano sui temi del giorno: Join the #foodclubbers Be#foodclubber