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T.D.S.O.R. feat Victoire Gouloubi: "In un periodo NORMALE non mi sarei mai regalata la maternità, il mio lavoro non concede queste pause"

La parte oscura della ristorazione: Le donne e la cucina, a casa si nei ristoranti no!

T.D.S.O.R. feat Victoire Gouloubi: "In un periodo NORMALE non mi sarei mai regalata la maternità, il mio lavoro non concede queste pause"

THE DARK SIDE OF RESTAURANTS

Le criticità legate al lavoro e nello specifico al modo della ristorazione.
In una serie di interventi, che abbiamo deciso di chiamare “tracce” come in un disco, cercheremo di analizzare temi che spesso vengono messi in secondo piano. Queste dinamiche meriterebbero la giusta attenzione per provare a migliorare un lavoro che di per sé ha, intrinseche, delle criticità che difficilmente potranno essere eliminate se non attraverso dei tavoli di discussione e una maggiore attenzione al fattore umano che manda avanti questo settore.
Dalla cucina alla sala, dalla proprietà ai clienti ecc, cercheremo di analizzare le criticità, in che modo influenzino il lavoro e quali strategie utilizzare perché si possa migliorare la vita di chi opera nel settore ristorativo.
Nello specifico, con questa rubrica andremo ad analizzare come il mondo della ristorazione sia un mondo molto stressante e cercheremo di analizzare e descrivere le strategie da mettere in atto per migliorare lo stile di vita degli addetti al settore, nonostante le criticità intrinseche in questo lavoro (orari, rinunce, rapporti interpersonali, spazi di lavoro ecc).

LE DONNE IN CUCINA

Track 7 - Like a Girl

E lo lancio (come una ragazza)

Lo lancio, lo lancio (come una ragazza)

Uscendo fuori alle sette e cinquanta, mi sento prepotente nella mia citta

Perché io lo dirigo (come una ragazza)

Lo dirigo, lo dirigo (come una ragazza)

……

Adesso guardami farlo, guardami farlo

Guarda, guarda, lo faccio

Come una ragazza (come una ragazza)

Come una ragazza (come una ragazza)

(Lizzo)

Eccoci, continuiamo con il racconto e la riflessione della donna nella nostra società, la narrazione che ne viene fatta e tutti gli stereotipi che le girano attorno.

Il punto che vogliamo mettere in luce in questa serie di articoli e interviste è il lato oscuro della cucina, tutti quegli argomenti di cui si parla poco o solo in determinati giorni dell’anno per ricorrenze etc. senza creare una vera sensibilizzazione sul tema.

In questi articoli parleremo delle donne in cucina, del loro vissuto e intervisteremo delle donne che ci hanno concesso il piacere di conoscere una parte di loro.

Ne abbiamo parlato con la chef Victoire Gouloubi, classe 1981. Originaria di Brazaville in Congo. Arriva in Italia per studio ma ben presto si avvicina al mondo della cucina e non lo abbandona più e decide che la cucina sarà la sua vita.

Fa molta gavetta in giro per il nord Italia arrivando a gestire anche strutture di altissimo livello, poi alcune esperienze televisive, seconda classificata a Top Chef e volto del Gambero Rosso con “Il tocco di Victoire”. Nel 2014 apre il suo ristorante a Milano Victoire (attualmente chiuso). Molti nuovi progetti per questo 2021 tra cui il sogno di aprire una scuola di cucina in Congo con l’ONU e la nuova serie di “Il tocco di Victoire”.

T.D.S.O.R. feat Victoire Gouloubi: "In un periodo NORMALE non mi sarei mai regalata la maternità, il mio lavoro non concede queste pause"

Ma adesso vi lasciamo alla sua intervista davvero molto interessante e sincera.

Come va in questo periodo così complesso? Una domanda che di solito apre molti scenari ma ci sembra giusto porla dopo tanto tempo di chiusura o comunque di alti e bassi.

In questo periodo va bene, è un paradosso ma dico che va bene perché sono in maternità, quest’ultima giunta in un periodo dove tutto è in rianimazione. Fossimo in un periodo normale, non mi sarei mai permessa o meglio regalata la maternità perché lo stile del mio lavoro non concede queste pause.

Auguri per la maternità. Credi che essere una chef donna sia diverso dall’essere uno chef uomo? In termini sia di credibilità sia in termini di disponibilità di investimento economico? Perché in un tempo dove ancora molte donne non sono economicamente autonome è semplice trovare investitori che investano in una donna come risorsa?

Nel mio continente dove sono nata e cresciuta fino all’età di 20 anni in realtà di uomini non ci sono tracce nelle cucine... sono le donne che ne possiedono le chiavi. Però in occidente è tutto il contrario. Ma in fondo il management, la bravura, la fantasia, il talento (e cosi via) non sono doti assegnate a un genere piuttosto che ad un altro! Per gli uomini la visione dello chef in cucina è diverso di quella di una donna forse perché l’uomo teme la donna. Ma per la donna essere chef è essere madre (cosa che siamo già in natura) è solo un prolungamento di noi professionalmente.

Per quanto riguarda le disponibilità economiche sono una questione soggettiva; per quanto riguarda gli investimenti, la credibilità e le capacità manageriali di un’impresa non devono essere subordinati dal gender. Che la donna sia una risorsa lo sa il mondo, credo che se è semplice trovare investitori che investano in questa figura perché la donna ha altrettante capacità di un uomo ma è penalizzata da altri fattori sociali perciò è semplice in questo senso.

Pensando a cosa raccontano spesso gli chef, sulle nonne, sulle madri che insegnano a cucinare non è perlomeno strano che ci siano così poche chef conosciute al grande pubblico?

Tutte queste donne che hanno tramandato ricette e segreti culinari sono quelle che educano e mandano avanti le famiglie e generazioni. Il loro operato culinario è poco considerato: casalingo ma non professionale. Però è dal casalingo che si ispira la professione! La cucina è indissolubilmente legata alla famiglia. Se dovessimo capovolgere i ruoli familiari di una volta, ai nostri giorni sarebbero gli uomini ad essere in minoranza o sconosciuti nelle grandi cucine.

Quando si parla di parità di genere, si fa giustamente notare come l’aspetto estetico influenzi molto la percezione degli altri quando la professionista in questione è una donna. Come se l’essere più o meno conformi ai canoni estetici imposti dalla società renda più o meno capaci le persone nella loro professione. Che ne pensi? Ti è mai successo di essere stata giudicata dal tuo mero aspetto esteriore in campo professionale?

Le etichette imposte dalla società non mi impediscono di esprimere le mie capacità, ma senza ombra di dubbio sono stata giudicata pesantemente. Questi giudizi sono stati accentuati dal fatto di avere un colore diverso di quello preferito dalla società. La parità deve estendersi anche sull’etnia non solo sul sesso.

Le guide, in generale, che responsabilità hanno nell’alimentare la visione di una cucina prettamente maschile? Inoltre credi che sia giusto avere premi per gli chef uomini e premi per le chef donne? Così facendo non si alimenta questa distinzione? Oppure almeno così si ha la giusta attenzione, per quanto minima?

Le guide sono di gran lunga responsabili per queste divisioni, sono costituiti dalla maggior parte di uomini. Finché ci saranno categorie distinte sui premi e sulle guide, i premi o spazi critici concessi alle donne saranno sempre ad un passo dietro a quelli degli uomini. La parità deve fare da padrone in ogni contesto, i cambiamenti dovrebbero partire anche da queste organizzazione assolutamente maschili che tendono a premiare chi soltanto può giocare partite a le loro condizioni.

Crediamo che in cucina ci sia molta discriminazione, una donna straniera, nel tuo caso africana e nera, (spesso si ha timore anche solo di dirle certe parole forse è per questo che siamo ancora così arretrati, perché viviamo di preconcetti e paure infondate che ci sono state trasmesse e continuano a trasmetterci) come viene vista?

Sono donna, africana e nera: un cesto di ingredienti che hanno costituito un muro altrettanto lungo quanto quello di Berlino. Su questo muro erano scritti a caratteri cubitali cose come: stupidità, ignoranza, incapacità di imparare e di crescere, incapacità a 590 °. Sono parole più decenti per non elencare quelle più offensive. Tutto ciò è stato annientato solo con i risultati di un costante e crescente lavoro, la ricerca della perfezione e la capacità di autocritica. La continuità della mia formazione in quanto chef, l’impegno, i sacrifici, le migliorie e la crescita professionale hanno buttato giù il muro.

La discriminazione, le paure, i timori esistono. Sono purtroppo tramandate o istigate, l’uomo, reagisce aggredendo cose che li sono sconosciute cose che non riesce a controllare. È solo con la rieducazione che le cose potranno cambiare. L’educazione del mondo passa dalla donna ed ancora una volta la chiave del cambiato è in mano sua!

Un argomento molto delicato che vorremmo affrontare con te, sempre che tu ne abbia voglia, è la visione dello straniero nella ristorazione. Molto spesso la manodopera straniera si limita alla plonge, al magazzino o come commis di cucina. L’hai percepita questa differenza o è una nostra errata percezione? Perché si ha questo preconcetto che lo straniero debba fare i lavori più “umili” e non possa essere performante anche in un settore molto più produttivo e creativo?

Senza questa domanda avrei stimato questo scambio come uno normale ma questa domanda mi ricarica e mi fa dire per un attimo: braviiii. Perché questa mia espressione? Perché qui in Italia si evita spesso di toccare questo tasto ma io vi ringrazio per la domanda. La visione dello straniero è umile anzi dirò di più: “sconsiderata” non solo nell’ambito della ristorazione ma anche in molti altri. Rimanendo nel nostro settore, credo che è “una volontà di questo ambiente stesso” di non dare spazio allo straniero. È già tanto che si dà spazio alla donna, perché darlo anche allo straniero che è considerato come un'altra specie? Per quei pochi profili emersi in realtà la considerazione non è di meritocrazia (produttività, creatività, futuristico, rivoluzionario) ma di scena, come esemplari di pesciolini esotici in un acquario. Bisogna concedere terreno a queste persone ma in primis credo che gli chef o tutti responsabili devono avere la sensibilità di percepire chi ha voglia di crescere, stimolarli, e così facendo potranno avere piacevoli sorprese.

Qualche anno fa ero a capo di una struttura a 4 stelle (ottimo livello), trovai al mio approdo un plongeur originario del Mali. Quando mi vide, lui mi chiese se fossi americana. Gli dissi che ero 100% afro con abitudini afro. Ma lui non ci credeva (non era il primo africano a considerarlo) ed era meravigliato di scoprire che ero da quel giorno l’executive chef. Non c’era bisogno da parte mia di indagare per mesi per scoprire perché era cosi emozionato, contento e allo stesso tempo intimorito di sapere che ero donna africana e a capo di due cucine (e sto parlando di un uomo musulmano!!!). Era stato confinato dal precedente chef in quell’ angolo e in quella mansione, si sentiva dire (all’oscuro dei responsabili) cose terribili, come “le persone di colore sono primitive, non possono capire l’uomo”. Da lì a poche settimane avevo ribaltato la cucina a modo mio, avevo dato l’opportunità a TUTTI coloro che volevano imparare cos’era la cucina. Ma avevo rispedito i così detti cuochi con curriculum più longevi di loro stessi alla plonge per far loro capire che si diventa cuoco- chef finito quando si è capace di operare in qualsiasi momento in qualsiasi reparto della cucina senza filtri, senza presunzione in caso di mancanza della figura in questa o quell’altra postazione. Ma la lezione più importante era che la bravura non nasce da un’etnia, un colore, un sesso o linguaggio. La bravura fa parte dell’Uomo stop! Oggi quel plongeur è sulla strada della formazione per diventare cuoco e mi chiama “nanna” che significa sorella maggiore.

In ultimo ti chiediamo una riflessione su un tema che a te sta a cuore e che magari non è emerso dalle domande che ti abbiamo posto.

Un recente sondaggio svolto dall’associazione toques africaines du monde conferma che le gastronomie: occidentali o asiatiche sono un trend per l’italiano medio. Ma le gastronomie africane sono considerate un'unica cucina, non trend, povero strano e difficile. L’Africa è il terzo continente più grande al mondo, come è possibile che può fare arricchire il mondo con le sue risorse ma non con la sua terra e suo retaggio gastronomico? Ci vuole più spazio in Italia per dare voce a queste gastronomie tanto sconosciute ma soprattutto fare conoscere gli chef africani di ogni parte del mondo.

Delle risposte, degli spunti e dei racconti molto interessanti anche per quanto riguarda il tema delle opportunità concesse, un argomento che cercheremo di affrontare di nuovo in un modo più approfondito, magari avremo occasione di sentirci di nuovo!

Fateci sapere cosa ne pensate, a presto con una nuova Track che vedrà protagonista un altro chef…siete curiosi? Allora seguiteci e lo scoprirete.

Next Track – LIKE A GIRL Nel frattempo se volete passare un po' di tempo accompagnati da un po' di musica vi lasciamo il link della Compilation creata per questa rubrica. Siete curiosi di sapere quali saranno i prossimi temi…cercate di scoprirlo attraverso i brani.

La Playlist - The Dark Side of Restaurants

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