Sostenibilità non è solo ambientale: Muñoz, aumenta il costo del menù per migliorare la vita dei dipendenti.
David Dabiz Muñoz e la sostenibilità, sì ma economica e sociale
La notizia è semplice: David Muñoz ha annunciato che il menù di DiverXo incrementerà il suo prezzo; per la precisione passerà da 250 a 365 euro.
E voi direte: "e con ciò?" o peggio "e si sapeva che prima o poi si sarebbe messo a volare alto ! Lo avevo capito da quel maiale con le ali!"
Doppio Spoiler:
- C'è una ragione!
- E' probabilmente stato ispirato dagli argomenti sollevati durante gli AreaTalks di #AMSTERDAM2021 ai The Best Chef Awards
STATE CALMI! La ragione è molto più "nobile" - se vogliamo fare storytelling, se invece vogliamo essere realisti e concreti una santa volta allora si dice che la ragione è logica, è la diretta conseguenza di una mente che ragiona e che è giusto che faccia da esempio trovandosi al vertice della rappresentanza di questo mondo. ebbene il motivo del rincaro è: "coprire il costo del personale - essendo scrupoloso sull'orario di lavoro di 40 ore - e senza compromettere la qualità dell'esperienza gastronomica offerta dall'unico ristorante a Madrid con tre stelle Michelin".
Muñoz ha svelato in un'intervista a El País Semanal quale sarà il prezzo fissato per il suo menù gastronomico nel 2022, pari a 365 euro. Un aumento di quasi il 50% che fa di Diverxo anche il ristorante con il menu degustazione più costoso della Spagna. Quelli che sono più vicini (senza tenendo conto delle opzioni di abbinamento) sono Quique Dacosta e Martín Berasategui.
Tutti i ristoranti con stelle Michelin sono nella fascia di 200-300 euro, per la precisione:
- Quique Dacosta (300 euro)
- Martín Berasategui (290 euro)
- Lasarte (250 euro),
- Azurmendi (250 euro),
- Arzak (242 euro),
- Akelarre (240 euro),
- El Cenador de Amós (227 euro),
- Abac (225 euro) ,
- El Celler de Can Roca (225 euro)
- Aponiente (215 euro).
(Certamente non c'è bisogno di specificare che dipende tutto dal vino che si sceglie o comunque dalla formula di abbinamento per cui si propende.)
Molti dei ristoranti tre stelle in Spagna, però, offrono la possibilità di mangiare à la carte o scegliere menù con meno abbinamenti; Diverxo, invece, opta per il menu unico, avvicinandosi al prezzo di molti dei grandi ristoranti francesi, che tradizionalmente costano sempre il doppio dei loro omologhi dei Pirenei meridionali. L'unico locale che potrebbe prendere il titolo di ristorante più costoso di Diverxo, in realtà, sarebbe il Sublimotion di Ibiza, gestito da Paco Roncero, e con un menu che moltiplica per cinque il prezzo del Diverxo. Ma Sublimotion non è esattamente un ristorante quanto piuttosto una sorta di spettacolo artistico e audiovisivo che ruota, sì, attorno a un menù degustazione. A differenza di Diverxo, inoltre, Sublimotion apre solo nella stagione estiva.
Dabiz ha dichiarato al SER:
"Mi hanno insegnato che la cosa normale era lavorare 14 o 15 ore al giorno, 5 giorni e mezzo alla settimana. E se volevi fare il cuoco o il cameriere, la prima cosa che ti dicevano era: <<Preparati a non avere vita!>>. Ed era normale, l'abbiamo interiorizzata. Ma i tempi cambiano in meglio, ora dobbiamo rifare tante cose e più sei in alto nella piramide, più sei capace di ispirare gli altri. Il miglior esempio è quello di Joan Roca a El Celler".
E continua: “Ovviamente bisognerà alzare il prezzo del menù. Al Diverxo non siamo dove vorremmo essere e questo significa avere orari razionali, essere sostenibili a livello umano. E tutto ciò ha un costo. Voglio che le persone che lavorano con me lavorino sempre più a loro agio. Il ritmo di lavoro sarà sempre alto, ma ciò non significa che le persone non debbano avere una vita. Ovviamente questo ha una conseguenza sul prezzo del menu. Ora sono 250 euro, ma a gennaio l'abbiamo alzato a quello che penso valga."
L' AreaTalks Effect: la verità
Dopo gli argomenti sollevati in AreaTalks, Muñoz ha deciso di rivedere il business model del proprio ristorante per garantire orari e stipendi migliori ai suoi dipendenti.
Vi potrà sembrare avventato quanto detto ma il fatto che questa decisione di David arrivi proprio dopo la sua partecipazione al Food Meets Science (durante la kermesse "The Best Chef Awards Amsterdam 2021") in cui gli fu posta una precisa domanda sulla sostenibilità economica che lo fece ritrovare in una visibile situazione di imbarazzo ed a cui rispose con: "io non sono la persona più adatta per parlare di ciò!"
Ecco il video di #AREATALKS21 What is Sustainability?
Non sto certo dicendo che sia stato in quel momento che Muñoz ha portato a compimento la sua decisione ma di certo la vicinanza degli eventi lascia spazio almeno al dubbio. Che poi seppur venisse fuori che è quanto successo, non c'è altro merito che uno scopo raggiunto: quello di Area Talks di illuminare dei punti a volte troppo bui, a volte ciechi, di un settore che può crescere solo se la critica si accosta al confronto.
Non siamo qui per dare meriti incredibili nè colpe inespiabili a nessuno, le persone intelligenti riflettono e fanno tesoro di quanto gli viene fatto notare; dico solo che probabilmente la domanda giusta, al momento giusto, dinanzi alla platea giusta avrà innescato in lui una profonda riflessione che lo ha poi fatto giungere alla decisione. In supporto al fatto di essere stato identificato come numero uno assoluto, qualcosa si è smosso nelle sue idee. fuori da ogni dubbio è che Dabiz, proprio in quanto ai vertici di questa categoria, abbia il dovere morale di ispirare un profondo cambiamento in questo settore.
Che non accada più che un pubblico mediamente ricco acquisti pasti in saldo, pasti per cui è il dipendente o lo stagista a pagare la differenza con le sue ore di lavoro mal retribuite.
Smettiamola di voler globalizzare il lusso più che il piacere a tutti i costi!
La crescita del mercato del lusso, dagli anni ’90 in poi, rappresenta una conferma del paradigma della democratizzazione. Dubois e Laurent (1995) introducono la categoria degli “escursionisti del lusso”, ovvero quei soggetti che pur non potendo condurre una vita completamente immersa nel lusso possono tuttavia permettersi una presenza intermittente in quella sfera. I nuovi clienti "luxury" sono attirati dai beni di lusso e da quello che rappresentano simbolicamente.
Il fatto è che è chiaro non sia necessario avere particolari requisiti per apprezzare beni di lusso (doti di raffinatezza o di cultura personale) in quanto il concetto non è necessariamente collegato al buon gusto e nemmeno ad un prezzo elevato che renda il consumo esclusivo.
E allora succede che come al solito si urla alla discrepanza e ci si chiede perché non rendere accessibile a tutti non ciò che tutti vogliono ma ciò che il trend del momento rende da tutti desiderabile. Nonostante nel mondo della ristorazione proprio questa variazione sul tema non manchi per nulla perché praticamente, ad oggi, (quasi) ogni grande stellato mondiale ha almeno un "locale satellite", un "fratello minore", uno "street food complementare"... insomma la possibilità di rendersi approcciabili da tutti senza però avere il raccoglibriciole.
Dunque perché inficiare in questo modo su un sistema già fortemente compromesso dai ritmi, dalla formazione e dalle pressioni con un "adeguamento al ribasso" dei costi di un menù che deve essere strutturato tralasciando la forza lavoro, il rispetto per il dipendente, il tempo investito per ed in quel piatto, il recupero della materia prima ma anche la gestione e il mantenimento, l'esperienza che migliora e va premiata di chi quella composizione la attua oltre che a chi ve la racconta e la serve?
C'è una sostenibilità di cui si è smesso di parlare: quella economica!
"La sostenibilità economica può essere definita come la capacità di generare in modo duraturo reddito e di lavoro dignitoso , e di raggiungere un'eco-efficienza intesa come uso razionale delle risorse disponibili e come riduzione dello sfruttamento delle risorse non rinnovabili."
Per Bosselmann “il concetto di sostenibilità ha il patrimonio storico, la qualità concettuale ed etica tipica di un principio fondamentale del diritto" e, per questo, “come gli ideali di giustizia e dei diritti umani, la sostenibilità può essere vista come un ideale di civiltà, sia a livello nazionale che internazionale."
La sostenibilità economica è però solo la base di qualunque concetto di sostenibilità, anche quello più ampio che riguarda la salvaguardia del capitale economico, umano/sociale e naturale. Oltre appunto al capitale economico “costruito”, rappresentato da tutte le cose create dagli individui, vanno protetti il capitale umano/sociale è costituito da tutti gli individui di una società, mentre il capitale naturale è costituito dall’ambiente naturale e dalle risorse naturali della società. Il principio di ogni sviluppo deve essere, dunque, quello di garantire alle generazioni future lo stesso capitale di quella attuale, in base a un principio di equità.
La complessità del termine viene proprio dalla complessità dell'attuazione perché coinvolge un circolo così ampio ma con tasselli che si susseguono distanza ravvicinata e che quindi si influenzano pesantemente.
La Commissione Mondiale sull'Ambiente e Sviluppo del 1987, ovvero dal “Rapporto Brundtland” dice: "lo sviluppo sostenibile è “lo sviluppo che risponde ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro, si evoca l'idea che vi siano altre componenti, oltre quella ambientale, da non trascurare dunque l'umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo. Considerando l'ambiente una prerogativa per soddisfare qualsiasi altro bisogno (è dalla terra, intesa come comunità di vita, che traiamo gli elementi fondamentali per la nostra sussistenza e per il soddisfacimento dei “bisogni fisiologici”), non possiamo dimenticare che la soddisfazione di qualsiasi bisogno “superiore” dipende dal capitale umano/sociale e dal capitale economico “costruito” .
... e poi c'è una sostenibilità di si fa finta di affrontare: quella sociale!
Ecco quindi emergere altre due dimensioni della sostenibilità: una dimensione sociale, costituita dagli individui che intessendo relazioni tra loro creano le comunità e gli stessi stati, e una dimensione economica “costruita” dagli individui con il loro lavoro e il loro sapere (costruzioni, infrastrutture, informazione). È proprio il “sistema umano” (capitale umano/sociale + capitale economico) ad aver provocato squilibri nell'ambiente naturale con le sue attività, ma è anche il campo di intervento primario attraverso il quale è possibile assicurare uno sviluppo sostenibile in tutti e tre questi livelli.
Levett, a differenza di quello di Custance e Hillier che teorizza un processo di bilanciamento tra le priorità economiche, sociali e ambientali (l’area centrale del diagramma, in cui tutte e tre si intersecano) attraverso tre cerchi concentrici, evidenzia che l’economia è dipendente dalla società e che entrambe fanno parte del più ampio sistema ambientale (relazione gerarchica). Praticamente sarebbe meglio configurare la sostenibilità attraverso il modello “Russian doll model”, che evidenzia come l’economia dipenda dalla società e come entrambe dipendano dall’ambiente.
In sintesi, lo sviluppo è sostenibile se garantisce una buona qualità della vita e rientra nei limiti posti dall’ambiente. Nessuna di queste costanti è opzionale, devono essere perseguite di pari passo.
Il sistema economico non è un organismo indipendente e autoregolato ma una struttura sociale. Infatti, il suo trend segue i principi che gli sono stati dati dalla società in un determinato tempo e luogo (ed è perciò dipendente da essa). Bisogna puntare sull' abilità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione, informazione, formazione e giustizia, che ha come obiettivo lo sviluppo di forme di coordinamento e cooperazione inter-istituzionale capaci di plasmare programmi condivisi, impegni vincolanti e tempi certi di attuazione, nel rispetto del principio di sussidiarietà.
La sostenibilità è, dunque, da intendersi non come uno stato o una visione immutabile, ma piuttosto come un processo continuo, che richiama la necessità di coniugare le tre dimensioni fondamentali. Tali dimensioni sono però interdipendenti e non possono essere analizzate da sole. Se al momento di scegliere una strategia si perde per strada una delle tre dimensioni, non si ha uno sviluppo sostenibile. Il concetto di sviluppo sostenibile rivela poi una forte prerogativa solidaristica sia inter-generazionale che intra-generazionale, ovvero presuppone uno slancio verso il futuro e quindi ad un orientamento di lungo periodo.
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